domenica 18 novembre 2012

"Ci si batte, quindi una guerra deve esserci"



  "Foxe, con la e vedo, come quello del Libro dei Martiri," aggiunse.
  "Sissignore," disse Tristram.
  "Bene," disse il tenente colonnello Williams, "c'è questo problema dei limiti delle sue competenze in qualità di sergente istruttore."
  "Sissignore."
  "I suoi compiti mi sembra che siano abbastanza chiari. Stando a quanto riferisce il commissario Bartlett, lei li ha eseguiti in modo adeguato. Per esempio, lei ha svolto un buon lavoro nella classe degli analfabeti. Per di più ha insegnato matematica elementare, la stesura dei rapporti, l'uso del telefono, geografia militare e problemi correnti."
  "Sissignore."
  "E sono stati questi problemi correnti a causare il problema. Esatto, Willoughby?" Gettò un'occhiata al suo aiutante che, occupato a scaccolarsi, sospese lo scaccolamento e assentì premuroso. "Dunque, vediamo. Sembra che lei abbia fatto certe discussioni con gli uomini: roba del genere Chi È il Nemico? e Perché Combattiamo? Lei questo lo ammette, credo."
  "Certo, signore. Secondo me, gli uomini hanno perfettamente il diritto di discutere sul perché sono nell'esercito e che cosa..."
   "Un soldato," lo interruppe con tono stanco il tenente colonnello Williams, "non ha diritto ad avere delle opinioni. Giusto o sbagliato, così è stato deciso. Giusto, ritengo, visto che è stato deciso."
   "Ma, signore," riprese Tristram, "di certo dobbiamo sapere in che cosa siamo coinvolti. Ci è stato detto che è in corso una guerra. Alcuni tra gli uomini, signore, si rifiutano di crederlo. Sono propenso ad essere d'accordo con loro, signore."
   "Davvero?" disse freddamente il tenente colonnello Williams. "Bene, lasci che la illumini, Foxe. Ci si batte, quindi una guerra dev'esserci. Forse non è una guerra nel senso tradizionale, ma guerra e combattimenti dovrei ritenere che siano praticamente sinonimi, in senso organizzativo, in rapporto all'impiego di eserciti."
  "Ma, signore..."
  "Non ho finito, Foxe, le pare? Per quanto riguarda i due problemi del chi e del perché, questo non è affare che riguardi i soldati, e questo deve accettarlo senza discussioni. Il nemico è il nemico. Il nemico è il popolo contro cui combattiamo. Dobbiamo lasciare ai nostri governanti la decisione sulla scelta di questo popolo. Non è niente che riguardi lei o me o il soldato Tizio o il caporale Caio. È ben chiaro?"
  "Ma, signore..."
 "Perché combattiamo? Combattiamo perché siamo soldati. È piuttosto semplice, no? Per quale causa combattiamo? Semplice anche questo. Combattiamo per difendere il nostro paese, e, in senso più ampio, per proteggere l'intera Unione Anglofona. Da chi? Non ci riguarda. Dove? Dovunque ci mandino. Adesso, Foxe, confido che tutto ciò sia perfettamente chiaro."
  "Be', signore, quello che io..."
 "È molto sbagliato, da parte sua, Foxe, turbare gli uomini portandoli a pensare e a fare in modo che pongano delle domande". Esaminò il foglio che aveva davanti, mugolando. "È molto interessato, Foxe, ci scommetto, in ciò che riguarda il nemico, i combattimenti, e così via, vero?"
  "Be', signore, secondo me..."
 "Le daremo l'opportunità di un contatto più stretto. Buona idea, Willoughby? Lei approva, sergente maggiore? Caro Foxe, la dispenso dai suoi doveri di istruttore a partire da oggi, ore 12. Dalla compagnia del QG sarà trasferito a una compagnia di fucilieri. Mi sembra che sia la compagnia B, vero Willoughby?, ad aver bisogno di un sergente di plotone. Bene, Foxe. Penso che le farà un monte di bene, giovanotto."
  "Ma, signore..."
  "Saluto!"


Anthony Burgess, Il seme inquieto (The wanting seed , 1962) - traduzione di V. De Carlo

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