giovedì 3 febbraio 2011

Il punto

Non aggiorno mai a parte perché non ho stima di questo blog, o almeno non sempre, quindi non credo di far un grosso danno mancando qualche appuntamento. Al massimo un favore.
Poi perché dalle, che so, 20.54 posso continuare a farmi seghe mentali fino alle... boh, un numero a caso, 01:17 per esempio. E oltre. E tutto questo, pensa un po', nonostante la resistenza alla pressione che fanno i tasti "N" e "," perché degli spilli, non si sa come né quando, si sono incastrati in mezzo ai tasti. Che indefessa internauta.
Effettivamente sto iniziando a cedere, vediamo cosa si può fare.
Volevo semplicemente fare il punto dei libri letti finora ed appuntarmi un paio di cosette.
Prima, un paio di statistiche.
Anno 2010: letti 52 libri con un totale di 10444 pagine. Wow, non credevo.
Al principio del 2011 siamo ancora a 3, con 722.
Vediamo. Andando un po' a ritroso nelle letture troviamo:

- More about Il genio della bottiglia Il Genio della Bottiglia
Intorno capodanno ho comprato Focus. Sì, lo so, è un pessimo modo per iniziare un nuovo anno, e in condizioni normali meriterei severe punizioni per questo gesto apparentemente folle, come, ad esempio, una maratona notturna comprendente la visione forzata di Giacobbo e Mistero in combo. Insomma, no, non sono stati né l'indigestione di panettoni né una sbronza da prosecco a condurmi sul sentiero della pazzia: ero sobria. Ho comprato Focus perché era uscito assieme ad un'interessante edizione de Il Genio della bottiglia: la chimica del quotidiano e i suoi segreti. Interessante quantomeno per il prezzo. L'edizione Longanesi con copertina rigida, sovraccoperta e fette di culo vicino all'osso è tua al modico prezzo di venti e rotti euro, contro i tredici di Focus, bè... non rovinerà troppo la mia reputazione, per questa volta.
Il libro è carino, facilmente leggibile, sempre aneddotico al pari di "Come si sbriciola un biscotto", ma questa volta meglio strutturato ed interessante, forse anche perché, bè, nel frattempo la preparazione per l'esame di Biochimica a qualcosa sarà pur servita: magari non ad affrontare un ansiogeno colloquio (per quello non c'è preparazione che tenga: servono solo le benzodiazepine), ma a seguire meglio Schwarz sì, senza dubbio.
Il merito più grande dei libri di Schwarz ce l'ha sicuramente la lunghezza di ogni "articolo": è proprio il "tempo da bagno", quindi il mio consiglio è di tenerlo lì, proprio in quella stanza.

- More about Slaughterhouse-Five Mattatoio n°5
Il mio secondo, e più approfondito, incontro col genio ironico di Kurt Vonnegut. Difficile descrivere l'amara bellezza della sua scrittura: tutto è ironico e leggero, un pianto col sorriso sulle labbra. Tutto grottesco e di fatto ridicolo, ma... guai, guai a riderne davvero. Rassegnato, con un pizzico di disperazione.
È la storia di Billy Pilgrim, uomo qualunque di professione ottico, ex soldato nella seconda guerra mondiale, scampato alle atrocità della guerra e al bombardamento di Dresda, destinato all'illuminazione: dopo l'incontro con gli alieni di Tralfamadore, egli saprà la quarta dimensione. Vedrà il tempo nella sua interezza, come l'umanità intera non può fare, e sarà condannato a vivere e rivivere ancora gli eventi della sua esistenza, in quanto parte di una visione unica e d'insieme. E così Billy viaggia nel tempo e nello spazio: eccolo in guerra, disumanizzato, a terra assieme ai soldati, sdraiati in fila come cucchiai, al freddo di un vagone ferroviario. Eccolo al suo matrimonio, eccolo su Tralfamadore, in un susseguirsi di eventi in ordine del tutto casuale.
I punti salienti del libro sono troppi, Vonnegut è un autore di un acume e un'ironia tragica del tutto fuori dal comune. Eccellente. Forse persino da rileggere.

N.B.
Non è aria. È passato più di un mese, quasi due da quando ho lasciato a metà il post, e ancor più di tempo è passato da quando ho letto i libri più indietro di Slaughterhouse nr.5.
I libri successivi, di cui scrivo due righe per amor di completezza, ne meriterebbero molte di più, ma siccome sono una cazzona, bè, si dovranno accontentare. Magari aspettando tempi migliori.

More about L'amante
L'Amante di Marguerite Duras
Un bel pippone angosciante-introspettivo, di quelli che piacciono a me. Una scrittura un po' singhiozzante, ricca di flashback, un flusso di ricordi la cui atmosfera è pesante e un po' opprimente quanto l'aria umida sulle sponde del Saigon. Stilisticamente molto ricercato. Bello.
Ficcando il naso fra gli scaffali (sì, ho ricominciato a farlo, finalmente) ho visto che ne esiste una seconda edizione, direi più una riscrittura più tarda, dal titolo "L'amante della Cina del nord". Da leggere.

More about Leviathan
Leviathan di Scott Westerfeld
Piacevolissima sorpresa! Credevo di trovarmi dinanzi al solito fantasy per poppanti cavalcante l'onda della moda di turno (steampunk, nel caso specifico), invece è un bel romanzo, senza dubbio destinato anche ai giovani, ma costruito con una notevole cura, con un ben inquadrato sfondo storico. L'Europa è divisa nelle fazioni di Darwinisti e Cigolanti. I primi si sono divertiti a giocare a fare dio, ingegnandosi in ricerche genetiche ante litteram e sviluppando la loro tecnologia attorno alla vita. La più sensazionale scoperta sono i cosiddetti respiranti a idrogeno: esseri che, sviluppando grosse quantità del gas, possono essere sfruttati come palloni aerostatici o persino dirigibili. I secondi invece, accantonando DNA ed equilibri naturali, hanno preferito armeggiare con cilindri e pistoni e sviluppare tecnologie più classicamente motorizzate. La vicenda ruota attorno ai due giovani protagonisti, Deryn, giovane cadetta in incognito sul dirigibile Leviathan, al suo primo volo, e il legittimo erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico Aleksander, fuggitivo.
Minuziose le descrizioni delle tecnologie e fervida l'immaginazione dell'autore nell'immaginare le stesse: davvero ottimamente costruito. Non vedo l'ora che esca il secondo volume.

More about Ciarlataneria e medicina
Ciarlataneria e Medicina di Giorgio Cosmacini
Interessante summa della storia dei "confini sfumati" della medicina, del suo rapporto col popolo e col mondo del "lavoro di mano", quello dei chirurghi, letteralmente, dei norcini, dei guaritori empirici. Molto bello, tocca ambiti storici, antropologici e sociologici, una chicca che bisogna leggere.

More about La chimica allo specchio
La chimica allo specchio di Roald Hoffmann
Saggio sulla chimica scritto da un premio nobel, di cui non ho condiviso più di qualche osservazione... però tutto sommato interessante da leggere, soprattutto per chi è interessato all'aspetto più speculativo riguardante il mestiere dello scienziato, all'etica, la deontologia, l'epistemologia e tutti questi pipponi che rasentino la filosofia in cui ogni tanto m'incarto (vedi le mie incazzature con le truffe dei medici omeopati -brrr solo a scriverlo mi vengon i brividi).

More about Sono razzista, ma sto cercando di smettere
Sono razzista ma sto cercando di smettere
Breve libro intelligente e di taglio anche storico-scientifico, ho apprezzato molto la scelta.

More about Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio
Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio
Notevole romanzo d'esordio dell'algerino Amara Lakhous, un bel noir che tocca un tema importante e vorrei scrivere anche tante altre belle cose ma non mi ricordo granché. Peccato. Mi ricordo che m'è piaciuto, ogni capitolo è la voce di uno dei personaggi, quasi ognuno è di diversa nazionalità: un melting pot, vediamo l'altro con gli occhi dell'altro e poi dell'altro ancora, e chissà quali sono le sue realtà e so solo che non verranno mai capite. Il caso del tizio morto è un pretesto per raccontare le altrui piccole realtà di isole, gli altrui piccoli e grandi problemi e la chiusura nostra ma anche di chi ci è vicino, noi che non possiamo e non vogliamo capire e altri che non vogliono, ma anche non possono, capire.





mercoledì 2 febbraio 2011

Dystopia

"Cosa succederebbe al mondo se...?" è un'interessante domanda, i cui "se", e le relative risposte, sono proposti in tutte le salse dalla letteratura fantascientifica (e non). "Cosa succederebbe al mondo se diventasse una merda", in particolare, è lo specifico campo di cui si occupa un particolare filone assimilabile alla letteratura fantascientifica, quello distopico. Filone quasi morbosamente affascinante, se non altro per la valutazione dell'effettivo valore predittivo che romanzi e racconti distopici possono celare.
Dopo aver letto, non senza personali, nefaste ma passeggere conseguenze, le due colonne portanti della letteratura distopica, i classici 1984 e Il mondo nuovo, e dopo aver compiuto una piccola ed essenziale ricerca su di essa, ho deciso finalmente che era il turno di Largo! Largo! di Harry Harrison, meno conosciuto ma inquietante forse in egual misura. O forse dovrei dire irritante.
A caldissimo, così, appena terminato, il libro non mi è piaciuto affatto: l'ho trovato superficiale, sia nella costruzione dei personaggi sia in quella della futura società distopica, ottusa, cieca, operante scelte ingiustificabili, un parto di mostri d'illogicità.
Di primo acchito, poi, lette sì e no una cinquantina di pagine, stentavo a proseguire: la scrittura era banale, senza guizzi, piatta, semplice narrazione lineare di eventi. In una sola parola noiosa. Ho dovuto affrettarmi nel leggerlo per non cedere alla tentazione di restituirlo.
Un po' più a freddo, però, riflettendoci sopra e chiacchierandone quella mezz'ora di più -tanto è bastato- forse... credo sia peggio di quanto credessi.
Mi spiegherò meglio tra breve.
Per quanto riguarda la "maniera", esistono due Largo! Largo! . La "parte prima" è effettivamente molto noiosa nella narrazione, dedicata all'introduzione di un "fatto noir", l'omicidio di un pezzo grosso dell'intrallazzo politico-malavitoso della distopica New York alle soglie dell'anno 2000, e alle indagini che il caso richiede. Poteva anche essere sostituita da due righe introduttive, o non esistere affatto, a mio avviso.
La seconda parte è di gran lunga migliore, più scorrevole in stile e contenuti e decisamente più stimolante.
Nello scenario di un mondo incontinente d'umanità, in cui il divario sociale è nettissimo e vede la maggior parte della popolazione povera, incolta, stipata e per lo più senza un tetto sulla testa da una parte, e dall'altra chi invece può ancora permettersi il lusso di stappare del whisky e rimanere a palle all'aria davanti ai condizionatori, si muovono dei personaggi ottusi, manchevoli di quei guizzi che io chiamo "d'umanità", ma che sono di rabbia fisiologica, di quell'individualità salvifica per la dignità propria e di quella collettiva. Ma nemmeno si possono definire dei disperati: essi non si pongono neanche il problema dello sperare in qualcosa di migliore. Forse talvolta, uno spiraglio. Nella donna, Shirl, che è in grado solo di utilizzare la sua avvenenza (e, ovviamente, i suoi genitali) per entrare, ogni volta che vuole, a far parte di quella ristretta élite di gente col tetto sulla testa e con buon cibo in bocca. Forse, nella sua povertà intellettuale ed incapacità nel non fare nient'altro se non cambiarsi d'abito o limarsi le unghie, qualcosa di buono c'è. Ma è minima, e soffocata dalla sua pochezza e dal suo disgustoso (esagero?) individualismo. Lei vuole la comodità, tutto ai suoi piedi, non le piace tirar la cinghia. E a chi piace, Shirl?
Brucia sicuramente una fiamma di rivolta nell'anziano Sol, ma destinata prevedibilmente ad essere soffocata (piccolo appunto: scusa Sol, mi stai simpatico, ma odio quel tuo modo smargiasso di approcciare le donne). Gli Anziani, forse per aver ricevuto il privilegio di un'istruzione, o qualcosa di simile, o forse perché hanno vissuto in periodi in cui un vero tessuto sociale, anche se forse in declino, esisteva ancora, sono gli unici rompiscatole esistenti. Gli unici con un barlume di, ecco la parola giusta: coscienza. Nel resto dell'umanità essa è invece sopraffatta dall'istinto di sopravvivenza, e dai disperati (ma senza consapevolezza) tentativi di rendere la vita meno aspra ed individualista. Come? Formando il proprio piccolo branco. E andando avanti così, come viene. Quasi per dovere. So it goes direbbe Vonnegut (ma non allo stesso modo, non allo stesso modo, mio buon Kurt).
Un certo tipo di personaggio "inetto" mi attrae molto. L'inetto, se così si può ancora definire, che mi piace, è quello che tende senza arrivare. Quello che prova ma non riesce, il frustrato, quello un po' fallito, in conflitto col mondo, ma, ecco il suo spessore: il conflitto col mondo, che come un calzino si rigira e diventa conflitto con se stessi e bam. In una confusione di elementi d'inettitudine, ma senz'ombra di contraddizione anche di superomismo, ecco IL personaggio della crisi. Da qui è a un passo lo sviluppo di interessanti "sottotipi" di vario genere (come a un passo è la perdita di punti di sanità mentale...).
Il personaggio invece più detestabile che possa mai incontrare in un libro (o film, o fumetto, o perché no nella vita) è l'inetto piatto. L'incosciente, l'idiota. L'automa. L'ottuso. Il detective Andy Rusch.
Il detective Andy Rusch, nel corso della storia, indaga sull'omicidio di Big Mike. E' un bravo poliziotto, Andy Rusch, già. Il vero braccio della legge. Tu ordinare, io fare. Non importa se hai a malapena tempo per respirare. Non importa se ti sbatti dormendo tre ore a notte e oltretutto quell'ulceroso di Grassioli ha anche da farti la predica. Non importa se ti costringono a lavorare ad un caso di rapina divenuto omicidio per sbaglio, mentre, vista quanta gente ora muore al minuto, tutti gli altri casi vengono chiusi appena aperti se non si riesce a trovare il colpevole in pochi giorni. La gente è troppa. Ma Big Mike aveva amici in politica. Che suono ha la parola "stipendio", in tutto ciò?
Sempre in prima battuta ho pensato che l'analisi del comportamento di massa operata da Harrison non reggesse per niente. E' in ballo da anni la convalida della legge sul controllo delle nascite, ma non si riesce ad attuare a causa della forte opposizione dei "conservatori". Allora, pensavo, non può essere. La gente povera sforna figli per avere aiuto nel lavoro. Generalmente nel campo dell'agricoltura. Ma siccome in questa società non c'è nulla da fare, né terra da coltivare, né cibo da procacciare (è razionato così come l'acqua) non ha senso che le persone continuino a far bambini. Perché dovrebbero?
Tutto giusto se non ci fosse un divario sociale tanto profondo. Perché quella condizione è alienante, ma mai alienante quanto il rimanerci soli. Tanto che rileggendo il pezzo in cui Sol si rimbocca le maniche per partecipare ad un'azione di protesta contro i conservatori, ho dei dubbi sull'interpretazione che ho dato ai discorsi del vecchio. Pensavo che Sol fosse semplicemente il mezzo col quale l'autore parlasse e dicesse la sua (su ecologia, sfruttamento, sovrappopolazione... e così via). Ripensandoci, non so.
- E' quella che chiamano la legge uccidi-bambini?
- Che cosa? - gridò Sol [...] - Un branco di cretini, ecco cosa sono. Gente con la testa ancora fossilizzata nel medioevo, e i piedi fossilizzati. In altre parole, i fessi.
- Ma Sol, non potete obbligare la gente a praticare una cosa nella quale non crede.
Il discorso continua, e Sol dice un sacco di cose molto sensate. Ma se la sua parte di ragione la avesse anche Shirl (sic!)?
Ho letto 1984 ormai diversi anni or sono, ed in fretta. Un libro superbo, eccezionale. Ma dio solo sa (o chi per lui) quanto abbia dormito male quelle notti. Il suo vivido scenario da incubo mi perseguitava anche in sogno. Così mi son dovuta sbrigare a terminarlo, e ricordo solo vagamente caratterizzazione e destini dei vari personaggi. Una cosa però me la ricordo bene: Smith (si chiamava così il protagonista?), al contrario di Rusch, era vivo. La società era viva: il Ministero dell'Amore, i lavaggi del cervello, le torture, le abiure, esistevano perché i ribelli continuavano ad esistere. Ne potevi far fuori uno, ne potevi convertire un altro, ma loro erano. Indiscutibilmente. Pur nella sua terribile condizione, l'umanità conserva in sé il seme della speranza. Ed è sua innata caratteristica!
In Largo! Largo! l'umanità è già morta, il mondo già finito. L'unico a mantenerne (Sol a parte), paradossalmente, una sua cosciente visione è un personaggio marginale, Peter, il folle. Fissato con la fine del mondo, non fa altro che dar noia sciorinando frasi bibliche sull'Apocalisse e sulla grande prostituta Babilonia.

-Forse avete sbagliato secolo, - disse Andy tenendo l'uomo per il gomito e guidandolo fuori della folla. - E' passata la mezzanotte, il nuovo secolo è già cominciato, nulla è cambiato.
-Nulla è cambiato? - gridò Peter. - Ma questa deve essere la Fine del Mondo, il Giudizio Universale! Deve esserlo! - Terrificato si divincolò, liberando il braccio dalla stretta di Andy e stava per allontanarsi, ma fece un passo soltanto e si voltò. -Per forza, deve finire!- gli gridò con voce straziante. Come può, un mondo come questo, andare avanti per un altro migliaio di anni, così? Così?

Non me la sento di dire che si tratta di un libro brutto. E' che in realtà speravo che fosse semplicemente un libro brutto, tentavo di convincermene, perché so che esiste qualcosa di peggio: un libro disperato.

P.S.
Grazie a Danilo per l'interessante chiacchierata: tu riesci sempre a guardare oltre!