lunedì 26 novembre 2012

Mi rileggo...

...e mi dico "ma non è possibile, ho lasciato troppi discorsi a metà!". Sia sul blog che librescamente parlando.  E' vero, l'incompiutezza è un po' un mio marchio, però voglio crederci, che si possa guarire, e oggi un paio di lacune bloggistiche mi ci metto e voglio colmarle. 
Iniziamo innanzitutto da lui:

Un cantico per Leibowitz
cui avevo già accennato. Fra i romanzi post-apocalittici del percorso a tema, mi ha colpita molto in positivo. Uno dei migliori, anche da rileggere. Si tratta, mi sembra di averlo già scritto, di tre racconti lunghi in sequenza temporale distanziati fra loro di diversi secoli. 
Nel primo il protagonista è un giovane novizio che, nel suo duro esilio di penitenza, preparatorio per diventare monaco, scopre -per caso?- l'entrata di uno di quei vecchi rifugi antiatomici, costruiti per proteggersi dal terribile Diluvio di Fiamma. Non sarà, forse, il rifugio dell'ingegner Leibowitz, beato in attesa di canonizzazione?
Il gran merito di Leibowitz, a cui l'ordine del monastero attorno il quale è incentrato il romanzo è devoto, è stato quello di difendere, a costo della sua stessa vita, il patrimonio culturale dell'umanità, nascondendo libri, accantonando scritti, sollevando con coraggio una strenua opposizione contro la barbarie della Grande Semplificazione. Un olocausto di sapere, con pire di libri e di coloro che si offrivano di salvarli, poiché ritenuti loro, il progresso e la conoscenza, i responsabili della catastrofe che per poco non annientò l'umanità.
Leibowitz fonda l'ordine Albertiniano di Ricercatori e Memorizzatori di Libri, che dunque per secoli, con dedizione e sacrificio, e pazienza certosina (è il caso di dirlo), ha copiato, miniato e rinnovato il sapere di un tempo, perdendo però di vista il suo significato, poiché nessuno è ormai in grado di decifrare formule, scritti, diagrammi. 
Durante i brevi romanzi l'umanità ripercorre strade familiari, dai secoli bui alla timida aurora di una nuova conoscenza tecnica, terminando in una società in cui uomini e mutanti convivono, e la scienza, rinata laica  ma grazie agli sforzi dei devoti Albertiniani, è ormai pienamente sbocciata, ridando i suoi frutti: elaboratori, energia elettrica, automobili e... guerra nucleare.
Un romanzo complesso, in cui temi sempre attuali si incontrano, tra cui l'annoso dialogo dal Galileo di Brecht che anni fa già accennavo ma che qui ancora si ripropone:

Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà che fonte di nuovi triboli per l'uomo. E quando, coll'andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall'umanità. 

Può la scienza porsi dei limiti morali? A mio avviso no, una scoperta scientifica è praticamente per definizione qualcosa di assolutamente neutro, il cui pratico utilizzo potrà apportare (il più delle volte) benefici che che uguaglino le potenziali applicazioni negative, poste entrambe sui piatti di una bilancia. Ma come evitare di trasformarsi nella progenie di gnomi inventivi? Come non asservirsi e non piegarsi all'intimidazione dei potenti egoisti?
Insomma, un libro che con la scusa dell'apocalisse nucleare ci parla di religione, filosofia, riflessione storica, specie nei dialoghi fra il Thon Taddeo, rappresentante di una rivendicazione della conoscenza laica, libera, condivisa, e l'Abate Dom Paulo, impossibile da riassumere in poche righe. Molto raffinato.
Da comprare in cartaceo e aggiungere ai Memorabilia!

Un commento meno raffinato richiederebbe che dicessi che è davvero un libro coi controcoglioni, al contrario di quei due che ho letto dopo e che ho già citato (dai, poverino, quello di Wyndam non era così brutto, solo... un po' grezzo, ecco), e Addio Babilonia, che all'inizio pensavo mi risollevasse la media di queste ultime letture tematiche, e invece ha ancora deluso le mie speranze. Il mio anobiiano commento è abbastanza esaustivo, ed essendo un libro che non merita più di tante righe, né di essere ricordato se non per il fatto che è abbastanza insulso (per non rileggerlo, insomma), non aggiungerò altro.

Si lascia leggere, se non altro perché mostra le strategie di sopravvivenza in una comunità in grado di arrangiarsi giorno per giorno e sopravvivere alla catastrofe che ha colpito il loro paese. Uno sguardo un po' più ottimista, insomma, non solo sul durante, ma anche sull'immediato dopobomba, che in altri libri di questo filone mi sembra di non aver trovato. I suoi personaggi, che, è vero, sono stati abbastanza fortunati a trovarsi a vivere in una zona quasi incontaminata, non si sono lasciati trascinare dalla barbarie di un mondo alla deriva, cercando di mantenere intatti i residui della loro "civiltà", della fiducia e dell'aiuto reciproci, dando valore alla cooperazione ed anzi aggrappandovisi come ancora di salvezza. Però diamine. Dai in mano un fucile a un ragazzino di 10 anni, intanto una ragazzina di 11 ti pesca persici grossi quanto un braccio e lasci che venga sculacciata, spedita in camera sua e fai in modo che non le venga più permesso di toccare la barca. Intanto il persico però te lo sbafi. Le uscite sessiste sono mica poche ("sei una buona proprietà", dice Randy alla futura moglie O.O era ironia da due soldi, voglio sperare)... Ma muori gonfio! I libri così mi hanno veramente scocciata, e non mi interessa che fossero scritti negli anni '50, che siano specchi della società e blablabla, se uno vuole fare il salto di qualità lo fa, a prescindere dalle idiozie che gli vengono propinate intorno. Come mi ha scocciato il patriottismo americano. E basta! Non saprei valutarlo, non è un libro brutto ma nemmeno bello (con una punta di malvagità oserei definirlo un po' insulso), boh. 
Voto finale: scrollata di spalle e faccia poco convinta. 

Di altre cose che ho lasciato sospese:
Cantico per Leibowitz a parte. Comincio dal principio, ovvero dai lontanissimi inizi del blog.

2009 A parte il libro di Emily the Strange, non ho letto più niente di quello che mi ero appuntata, eccezion fatta per Razza Padana che è stato abbastanza formativo. Medea, Cassandra, storia dell'arte giapponese... un par de palle, ecco.  Consideriamoli discorsi chiusi, o meglio, archiviati in maniera indeterminata. Vabbè, però stanno là, quando voglio me li prendo, giusto? Giusto. 

2010 Sulle cose religiose, sull'Islam e tutto il resto: seee, ce stavi a crede, vero? Niet. 
Ma su, ma che ci frega di una cosa, chiamasi religione, che è sempre solo servita a far ammazzare gente? 
Valore antropologico, sì è vero è interessante, a parte tutto, appunto perché è così legata coi sistemi di potere, però il discorso è troppo complicato e va preso proprio da dietro. I Sufi manco a parlarne...ma se già nel Cantico, nei pezzi più filosofici stringevo gli occhi, "aspetta, che stai a dì? Fammi rileggere" x4, x5 volte. Mi stai dicendo che, sul serio, hai pensato di leggerti un libro sui dotti mistici islamici? 
Ok, l'hai fatto, ok, ancora ti alletta l'idea, ma poi vediamo, ok? Poi non dire che non ti avevo avvertita. Timbro: archiviato indeterminato.
Intanto però in una bancarella (anni fa) ho comprato una monografia sugli Assassini che non è male e quella invece me la voglio leggere davvero. Prima o poi (timbro AI, ma un po' più determinato)
Sarebbe da scrivere un'apologia di Dawkins che qui non ho neppure nominato, ma ho conosciuto leggendo "L'illusione di Dio" e ha risvegliato il mio orgoglio ateo. Però se rileggo quel libro mi avveleno con la cretinaggine di certi suoi oppositori (creazionisti in special modo, e tutta quella gentaglia assimilabile a quei minchioni del Popolo della Vita qui in Italia, da far accapponare la pelle), ragion per cui non lo farò.
Incredibile, ho persino letto alcuni titoli che mi autoproponevo qui, questo non me lo aspettavo. I popoli Arabi non l'ho letto, Chomsky ci ho provato ma sono una sega e poi ho smesso, quello di Gallino sì, Deus Irae sì.
[Nota: per i libri di casa nel mio scaffale personale, il timbro AI va inteso in maniera un po' meno nebulosa di quelli che non sono a casa, nel senso che probabilmente nei prossimi 5 anni quei libri verranno letti, mentre quelli di biblioteca probabilmente *ehr* non verranno letti mai]
Postpunk delle biblioteca non riesco a leggerlo (vai a capire perché), in inglese nemmeno (il perché invece qui è piuttosto ovvio), Vonnegut sì, tutto il resto proprio no. *Timbro Archiviati Indeterminati*
Di questi non ne ho letto nemmeno uno (lol - *timbro AI*) a parte quelli di Steinbeck di cui il primo è gradevole come tutti i suoi che ho letto; il secondo, Uomini è Topi, è un CAPOLAVORO di incommensurabile lirismo. Ho visto gente su Anobii, persino con ottime librerie, affibbiargli una o due stelline... ma dico, ma ce l'avete un cuore, voi?!?!  Sciocchi insensibili!

Fumetti: mah, ho provato un sacco di porcate. Belli Kuragehime e Sei il mio cucciolo! (nonostante il titolo), a parer mio un po' somiglianti, se non nella trama, almeno in qualche modo nell'intreccio amoroso. C'è qualcosa che li accomuna, ecco. Ne parlerò a parte (oh no, sto lasciando cose in sospeso! Ancora! Non finirà mai). Facciamo che sui fumetti ci faccio un post a parte che sennò metto troppa carne al fuoco -maddai?- .

Pirati: si ricomincia nel 2013 con la sfida piratesca! Ahrr!

Omeopatia, cazzate scientifiche e debunking: lasciamo perdere, va. Ho letto un bel libro sul tema e merita una scheduccia a parte. Carne al fuoco.

2011 Le femmine: credo di non avere più nulla da dire, a parte la parentesi sugli anni 50.

La conclusione di tutto questo è che i libri fanno scorrere il tempo troppo in fretta.







domenica 18 novembre 2012

"Ci si batte, quindi una guerra deve esserci"



  "Foxe, con la e vedo, come quello del Libro dei Martiri," aggiunse.
  "Sissignore," disse Tristram.
  "Bene," disse il tenente colonnello Williams, "c'è questo problema dei limiti delle sue competenze in qualità di sergente istruttore."
  "Sissignore."
  "I suoi compiti mi sembra che siano abbastanza chiari. Stando a quanto riferisce il commissario Bartlett, lei li ha eseguiti in modo adeguato. Per esempio, lei ha svolto un buon lavoro nella classe degli analfabeti. Per di più ha insegnato matematica elementare, la stesura dei rapporti, l'uso del telefono, geografia militare e problemi correnti."
  "Sissignore."
  "E sono stati questi problemi correnti a causare il problema. Esatto, Willoughby?" Gettò un'occhiata al suo aiutante che, occupato a scaccolarsi, sospese lo scaccolamento e assentì premuroso. "Dunque, vediamo. Sembra che lei abbia fatto certe discussioni con gli uomini: roba del genere Chi È il Nemico? e Perché Combattiamo? Lei questo lo ammette, credo."
  "Certo, signore. Secondo me, gli uomini hanno perfettamente il diritto di discutere sul perché sono nell'esercito e che cosa..."
   "Un soldato," lo interruppe con tono stanco il tenente colonnello Williams, "non ha diritto ad avere delle opinioni. Giusto o sbagliato, così è stato deciso. Giusto, ritengo, visto che è stato deciso."
   "Ma, signore," riprese Tristram, "di certo dobbiamo sapere in che cosa siamo coinvolti. Ci è stato detto che è in corso una guerra. Alcuni tra gli uomini, signore, si rifiutano di crederlo. Sono propenso ad essere d'accordo con loro, signore."
   "Davvero?" disse freddamente il tenente colonnello Williams. "Bene, lasci che la illumini, Foxe. Ci si batte, quindi una guerra dev'esserci. Forse non è una guerra nel senso tradizionale, ma guerra e combattimenti dovrei ritenere che siano praticamente sinonimi, in senso organizzativo, in rapporto all'impiego di eserciti."
  "Ma, signore..."
  "Non ho finito, Foxe, le pare? Per quanto riguarda i due problemi del chi e del perché, questo non è affare che riguardi i soldati, e questo deve accettarlo senza discussioni. Il nemico è il nemico. Il nemico è il popolo contro cui combattiamo. Dobbiamo lasciare ai nostri governanti la decisione sulla scelta di questo popolo. Non è niente che riguardi lei o me o il soldato Tizio o il caporale Caio. È ben chiaro?"
  "Ma, signore..."
 "Perché combattiamo? Combattiamo perché siamo soldati. È piuttosto semplice, no? Per quale causa combattiamo? Semplice anche questo. Combattiamo per difendere il nostro paese, e, in senso più ampio, per proteggere l'intera Unione Anglofona. Da chi? Non ci riguarda. Dove? Dovunque ci mandino. Adesso, Foxe, confido che tutto ciò sia perfettamente chiaro."
  "Be', signore, quello che io..."
 "È molto sbagliato, da parte sua, Foxe, turbare gli uomini portandoli a pensare e a fare in modo che pongano delle domande". Esaminò il foglio che aveva davanti, mugolando. "È molto interessato, Foxe, ci scommetto, in ciò che riguarda il nemico, i combattimenti, e così via, vero?"
  "Be', signore, secondo me..."
 "Le daremo l'opportunità di un contatto più stretto. Buona idea, Willoughby? Lei approva, sergente maggiore? Caro Foxe, la dispenso dai suoi doveri di istruttore a partire da oggi, ore 12. Dalla compagnia del QG sarà trasferito a una compagnia di fucilieri. Mi sembra che sia la compagnia B, vero Willoughby?, ad aver bisogno di un sergente di plotone. Bene, Foxe. Penso che le farà un monte di bene, giovanotto."
  "Ma, signore..."
  "Saluto!"


Anthony Burgess, Il seme inquieto (The wanting seed , 1962) - traduzione di V. De Carlo

mercoledì 14 novembre 2012

Aggiornamenti


Il regno del sangue
La peste scarlatta
Tenebre
Un cantico per Leibowitz
I trasfigurati
Io sono leggenda
Il lungo silenzio
Cecità
Il seme inquieto
Morte dell'erba
Addio Babilonia  in lettura

La fortezza di Farnham n.p.
L'esercito delle 12 scimmie n.p.

Sicuri ne mancano quattro, considerando gli incerti sei. In un mese sei libri posso leggerli, anche se a dire il vero un po' mi sono stancata del filone (infatti intanto mi sono sparata un noir da paura che mi ha lasciata ancora in hangover). Certo Tenebre ha 600 pagine, ma anche se sforassimo nel 2013 chi se ne frega?

Sob cerchiamo di finire nel 2012 però, che poi è una profusione di sfide che non ce la farò mai...