martedì 20 settembre 2011

Memory lost


Questo per sottolineare con un evidenziatore mentale quanto possano essere inutili i miei tentativi di creare percorsi, tracciare strade, segnare sentieri, plasmare l'informe, e così via.
Temo di essere una forza del caos: sembra che ogni tentativo nato da me per dare un ordine a qualsiasicosasia in realtà già di partenza sia destinato ad essere abortito e perdersi in un gomitolo di tutt'altro.
Niente di grave, ci sono abituata.
Cioè, è così, non ne faccio un dramma, è così da anni, non credo nemmeno sia il caso di sforzarsi di cambiare le cose.
Questo preambolo nasce per spiegare, molto semplicemente, cosa ne è di tutti i percorsi di lettura che con tanta fatica avevo tracciato, acquistando libri, richiedendoli in biblioteca, mettendoli in lista, e... ah, per la cronaca, la biblioteca mi ha interdetta per un mese dal prendere in prestito libri, visto che ho scordato di consegnarne uno per due mesi (ma ero in vacanza, con agosto di mezzo, in pieno relax post suicidio da studio intensivo e loro non mi hanno fatto nemmeno una telefonata per rammentarmelo, aggiungerei in mia difesa).
Insomma, chiaro che dal cammino principale una qualche deviazione sia consentita, ma pare che la mia capacità migliore sia quella di imboccare deviazioni e pure crearne di nuove, creando reti enormi in cui raccapezzarsi diventa arduo e la strada maestra ormai è perduta.
Tanto per fare un esempio, Colori proibiti, il libro di Mishima che tanto avevo bramato all'inizio del blog, quindi nel lontano novembre 2009, ancora è lì in attesa di essere letto da quasi due anni.
E, ancora per dire, mi hanno chiesto consigli per approfondire la letteratura giapponese... che non sono in grado di dare, ora come ora. Ci ho pensato, ci ho rimuginato su, il giorno, la notte, anche nel pomeriggio, ma, qualsiasi fosse la posizione del sole nella volta celeste, sembrava non influenzare affatto la mia capacità di elargire consigli sull'argomento.
Che fare? Tariamo la bussola? O continuiamo ad essere rapiti dalla malia della divagazione?
Per ora temo che l'unica strada percorribile sia la seconda, a meno che non voglia perdermi in una sorta di autoscontro mentale fra libri sgomitanti nell'attesa di essere letti; una divagazione della divagazione creerebbe ancora più panico. Quello che devo abituarmi a pensare è che se voglio intraprendere una strada, ciò che ha maggiore probabilità di accadere è esattamente ciò che ritengo che sia meno probabile che accada.
Mi spiego: mai stata appassionata di fantasy, nemmeno quando, verso i quattordici anni, mi divertivo ad andare in giro con maglie di dragoni versus maghi provvisti di scettri con Orb iridescenti, guerrieri in mutandoni di pelo ed elfi arcieri omosessuali, e ad ascoltare castrati di montagna che, con acuti gridolini mischiati a velocissimi riff miagolanti, ne decantavano le gesta. È vero, la saga di Discworld la volevo leggere da allora, ma non pensavo che ci sarei mai riuscita.
E invece, a distanza di più di dieci anni, fantasy e Discworld mi piombano per caso fra le mani, e mai me lo sarei aspettato, e quindi che fai? Non ne approfitti?
(Tra i vari eventi ad elevatissimo fattore di improbabilità, poi, è successo anche qualcos'altro che riguarda i giochi di ruolo e che non sto qui a spiegare, ma, tanto per dire, conferma la mia tesi.)
More about Il colore della magia È vero, Pratchett è ciò che di più lontano possa esistere dal fantasy da cui volevo stare alla larga, popolato solo dagli stereotipi dei classici guerrieri coi mutandoni di pelo, elfi omosessuali, ecc., e nel tentativo di classificarlo sono rimasta perplessa: è un fantasy variegato alla fantascienza? O forse non ho abbastanza familiarità con il fantasy che, una volta trovatone uno valevole e degno di lettura, decisamente al di là delle mie aspettative, stento a infilarlo nel cassetto mentale adibito allo scopo proprio perché non è il prodotto mediocre che associo di solito a questo genere?
La prima è un'ipotesi azzardata e forse errata (la seconda è più plausibile e forse giusta), però m'è venuta in mente analizzando il fatto che sulla scienza, o presunta tale, del Mondo Disco, creata dalla più che fertile immaginazione di Pratchett (devo rimarcarlo, che un mondo del genere è il parto di una mente umana, o stento a crederci anch'io), ci si potrebbe scrivere un libro intero. Cosa che, in effetti, è stata fatta, ho scoperto poi.
Su questa serie di libri, di cui ora ho letto solo i primi due, non ho nient'altro da dire se non noiose parole di elogio che risparmio, e, dimenticavo, che se terminassi qui la loro lettura per tornare sulla strada dei miei percorsi già in precedenza tracciati rischierei di fare ancora più casino. Meglio di no.
L'unico intermezzo consentito è la lettura delle Cronache di Ambra, di Roger Zelazny, cosa che tra l'altro va ancora a sostegno della mia tesi, visto che pensavo che non l'avrei letto almeno da qua a cinque anni almeno. Anche se una prova migliore sarebbe senz'altro stata la scelta de Lo Hobbit, dato che, saltando ancora una volta negli anni dei Blind Guardian, quando lessi l'ormai inflazionatissimo Signore degli Anelli, m'ero ripromessa di non toccare mai più un libro di Tolkien in tutta la mia vita. Ciò che ha dell'incredibile è che stavo per farlo, salvo l'intervento di una, chiamiamola, "forza esterna" che mi ha dissuasa ed insistentemente persuasa a tirar fuori Ambra dalla libreria.
Insomma, fantasy! Non l'avrei mai creduto.

Intanto, altri sentieri secondari sono stati diversi saggi di divulgazione scientifica, tutti molto piacevoli ed educativi.
Il mio percorso sull'Islam è andato, spero in maniera non definitiva, a farsi fottere con una lettura sul fondamentalismo islamico. Interessante, sì, ma non abbastanza; il fatto è che credo che io e i libri di storia abbiamo qualche problema ad intenderci. Ogni libro di storia che ho iniziato, carica di tutta la buona volontà che, mentalmente e fisicamente, potessi riversare su di esso, è stato chiuso prima del tempo in attesa di tempi migliori. Nonostante questo, ritengo il loro studio assolutamente necessario. Questo è il motivo per il quale Storia del Giappone è ancora fermo all'età dell'ascesa dei bushi, ma nel frattempo ho acquistato un altro libro di storia del Giappone di un autore diverso. Sembra idiozia, in realtà voleva essere un sublime sforzo di studiare gli eventi il più approfonditamente possibile: una volta finito di studiare come si deve il primo (con tanto di appunti scritti, s'intende), si passa alla lettura del secondo come ripasso e più a tempo perso. Le mie intenzioni sono buone, lo giuro.
Non essendo mai stato abbandonato seriamente (anime, articoli, manga & co. sono comunque una finestra aperta sulla sua cultura), il tema Giappone deve essere ripreso in mano il prima possibile a causa della mia odierna necessità di approfondire il periodo storico intorno al 1860, se non altro per capire qualcosa in più di alcuni manga che sto leggendo in questo istante.
Tutto il resto degli appuntamenti va a puttane, come sempre, ma tanto, quando mi dimenticherò di loro, quei libri saranno lì ad aspettarmi: ne hanno, di pazienza.

giovedì 3 febbraio 2011

Il punto

Non aggiorno mai a parte perché non ho stima di questo blog, o almeno non sempre, quindi non credo di far un grosso danno mancando qualche appuntamento. Al massimo un favore.
Poi perché dalle, che so, 20.54 posso continuare a farmi seghe mentali fino alle... boh, un numero a caso, 01:17 per esempio. E oltre. E tutto questo, pensa un po', nonostante la resistenza alla pressione che fanno i tasti "N" e "," perché degli spilli, non si sa come né quando, si sono incastrati in mezzo ai tasti. Che indefessa internauta.
Effettivamente sto iniziando a cedere, vediamo cosa si può fare.
Volevo semplicemente fare il punto dei libri letti finora ed appuntarmi un paio di cosette.
Prima, un paio di statistiche.
Anno 2010: letti 52 libri con un totale di 10444 pagine. Wow, non credevo.
Al principio del 2011 siamo ancora a 3, con 722.
Vediamo. Andando un po' a ritroso nelle letture troviamo:

- More about Il genio della bottiglia Il Genio della Bottiglia
Intorno capodanno ho comprato Focus. Sì, lo so, è un pessimo modo per iniziare un nuovo anno, e in condizioni normali meriterei severe punizioni per questo gesto apparentemente folle, come, ad esempio, una maratona notturna comprendente la visione forzata di Giacobbo e Mistero in combo. Insomma, no, non sono stati né l'indigestione di panettoni né una sbronza da prosecco a condurmi sul sentiero della pazzia: ero sobria. Ho comprato Focus perché era uscito assieme ad un'interessante edizione de Il Genio della bottiglia: la chimica del quotidiano e i suoi segreti. Interessante quantomeno per il prezzo. L'edizione Longanesi con copertina rigida, sovraccoperta e fette di culo vicino all'osso è tua al modico prezzo di venti e rotti euro, contro i tredici di Focus, bè... non rovinerà troppo la mia reputazione, per questa volta.
Il libro è carino, facilmente leggibile, sempre aneddotico al pari di "Come si sbriciola un biscotto", ma questa volta meglio strutturato ed interessante, forse anche perché, bè, nel frattempo la preparazione per l'esame di Biochimica a qualcosa sarà pur servita: magari non ad affrontare un ansiogeno colloquio (per quello non c'è preparazione che tenga: servono solo le benzodiazepine), ma a seguire meglio Schwarz sì, senza dubbio.
Il merito più grande dei libri di Schwarz ce l'ha sicuramente la lunghezza di ogni "articolo": è proprio il "tempo da bagno", quindi il mio consiglio è di tenerlo lì, proprio in quella stanza.

- More about Slaughterhouse-Five Mattatoio n°5
Il mio secondo, e più approfondito, incontro col genio ironico di Kurt Vonnegut. Difficile descrivere l'amara bellezza della sua scrittura: tutto è ironico e leggero, un pianto col sorriso sulle labbra. Tutto grottesco e di fatto ridicolo, ma... guai, guai a riderne davvero. Rassegnato, con un pizzico di disperazione.
È la storia di Billy Pilgrim, uomo qualunque di professione ottico, ex soldato nella seconda guerra mondiale, scampato alle atrocità della guerra e al bombardamento di Dresda, destinato all'illuminazione: dopo l'incontro con gli alieni di Tralfamadore, egli saprà la quarta dimensione. Vedrà il tempo nella sua interezza, come l'umanità intera non può fare, e sarà condannato a vivere e rivivere ancora gli eventi della sua esistenza, in quanto parte di una visione unica e d'insieme. E così Billy viaggia nel tempo e nello spazio: eccolo in guerra, disumanizzato, a terra assieme ai soldati, sdraiati in fila come cucchiai, al freddo di un vagone ferroviario. Eccolo al suo matrimonio, eccolo su Tralfamadore, in un susseguirsi di eventi in ordine del tutto casuale.
I punti salienti del libro sono troppi, Vonnegut è un autore di un acume e un'ironia tragica del tutto fuori dal comune. Eccellente. Forse persino da rileggere.

N.B.
Non è aria. È passato più di un mese, quasi due da quando ho lasciato a metà il post, e ancor più di tempo è passato da quando ho letto i libri più indietro di Slaughterhouse nr.5.
I libri successivi, di cui scrivo due righe per amor di completezza, ne meriterebbero molte di più, ma siccome sono una cazzona, bè, si dovranno accontentare. Magari aspettando tempi migliori.

More about L'amante
L'Amante di Marguerite Duras
Un bel pippone angosciante-introspettivo, di quelli che piacciono a me. Una scrittura un po' singhiozzante, ricca di flashback, un flusso di ricordi la cui atmosfera è pesante e un po' opprimente quanto l'aria umida sulle sponde del Saigon. Stilisticamente molto ricercato. Bello.
Ficcando il naso fra gli scaffali (sì, ho ricominciato a farlo, finalmente) ho visto che ne esiste una seconda edizione, direi più una riscrittura più tarda, dal titolo "L'amante della Cina del nord". Da leggere.

More about Leviathan
Leviathan di Scott Westerfeld
Piacevolissima sorpresa! Credevo di trovarmi dinanzi al solito fantasy per poppanti cavalcante l'onda della moda di turno (steampunk, nel caso specifico), invece è un bel romanzo, senza dubbio destinato anche ai giovani, ma costruito con una notevole cura, con un ben inquadrato sfondo storico. L'Europa è divisa nelle fazioni di Darwinisti e Cigolanti. I primi si sono divertiti a giocare a fare dio, ingegnandosi in ricerche genetiche ante litteram e sviluppando la loro tecnologia attorno alla vita. La più sensazionale scoperta sono i cosiddetti respiranti a idrogeno: esseri che, sviluppando grosse quantità del gas, possono essere sfruttati come palloni aerostatici o persino dirigibili. I secondi invece, accantonando DNA ed equilibri naturali, hanno preferito armeggiare con cilindri e pistoni e sviluppare tecnologie più classicamente motorizzate. La vicenda ruota attorno ai due giovani protagonisti, Deryn, giovane cadetta in incognito sul dirigibile Leviathan, al suo primo volo, e il legittimo erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico Aleksander, fuggitivo.
Minuziose le descrizioni delle tecnologie e fervida l'immaginazione dell'autore nell'immaginare le stesse: davvero ottimamente costruito. Non vedo l'ora che esca il secondo volume.

More about Ciarlataneria e medicina
Ciarlataneria e Medicina di Giorgio Cosmacini
Interessante summa della storia dei "confini sfumati" della medicina, del suo rapporto col popolo e col mondo del "lavoro di mano", quello dei chirurghi, letteralmente, dei norcini, dei guaritori empirici. Molto bello, tocca ambiti storici, antropologici e sociologici, una chicca che bisogna leggere.

More about La chimica allo specchio
La chimica allo specchio di Roald Hoffmann
Saggio sulla chimica scritto da un premio nobel, di cui non ho condiviso più di qualche osservazione... però tutto sommato interessante da leggere, soprattutto per chi è interessato all'aspetto più speculativo riguardante il mestiere dello scienziato, all'etica, la deontologia, l'epistemologia e tutti questi pipponi che rasentino la filosofia in cui ogni tanto m'incarto (vedi le mie incazzature con le truffe dei medici omeopati -brrr solo a scriverlo mi vengon i brividi).

More about Sono razzista, ma sto cercando di smettere
Sono razzista ma sto cercando di smettere
Breve libro intelligente e di taglio anche storico-scientifico, ho apprezzato molto la scelta.

More about Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio
Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio
Notevole romanzo d'esordio dell'algerino Amara Lakhous, un bel noir che tocca un tema importante e vorrei scrivere anche tante altre belle cose ma non mi ricordo granché. Peccato. Mi ricordo che m'è piaciuto, ogni capitolo è la voce di uno dei personaggi, quasi ognuno è di diversa nazionalità: un melting pot, vediamo l'altro con gli occhi dell'altro e poi dell'altro ancora, e chissà quali sono le sue realtà e so solo che non verranno mai capite. Il caso del tizio morto è un pretesto per raccontare le altrui piccole realtà di isole, gli altrui piccoli e grandi problemi e la chiusura nostra ma anche di chi ci è vicino, noi che non possiamo e non vogliamo capire e altri che non vogliono, ma anche non possono, capire.





mercoledì 2 febbraio 2011

Dystopia

"Cosa succederebbe al mondo se...?" è un'interessante domanda, i cui "se", e le relative risposte, sono proposti in tutte le salse dalla letteratura fantascientifica (e non). "Cosa succederebbe al mondo se diventasse una merda", in particolare, è lo specifico campo di cui si occupa un particolare filone assimilabile alla letteratura fantascientifica, quello distopico. Filone quasi morbosamente affascinante, se non altro per la valutazione dell'effettivo valore predittivo che romanzi e racconti distopici possono celare.
Dopo aver letto, non senza personali, nefaste ma passeggere conseguenze, le due colonne portanti della letteratura distopica, i classici 1984 e Il mondo nuovo, e dopo aver compiuto una piccola ed essenziale ricerca su di essa, ho deciso finalmente che era il turno di Largo! Largo! di Harry Harrison, meno conosciuto ma inquietante forse in egual misura. O forse dovrei dire irritante.
A caldissimo, così, appena terminato, il libro non mi è piaciuto affatto: l'ho trovato superficiale, sia nella costruzione dei personaggi sia in quella della futura società distopica, ottusa, cieca, operante scelte ingiustificabili, un parto di mostri d'illogicità.
Di primo acchito, poi, lette sì e no una cinquantina di pagine, stentavo a proseguire: la scrittura era banale, senza guizzi, piatta, semplice narrazione lineare di eventi. In una sola parola noiosa. Ho dovuto affrettarmi nel leggerlo per non cedere alla tentazione di restituirlo.
Un po' più a freddo, però, riflettendoci sopra e chiacchierandone quella mezz'ora di più -tanto è bastato- forse... credo sia peggio di quanto credessi.
Mi spiegherò meglio tra breve.
Per quanto riguarda la "maniera", esistono due Largo! Largo! . La "parte prima" è effettivamente molto noiosa nella narrazione, dedicata all'introduzione di un "fatto noir", l'omicidio di un pezzo grosso dell'intrallazzo politico-malavitoso della distopica New York alle soglie dell'anno 2000, e alle indagini che il caso richiede. Poteva anche essere sostituita da due righe introduttive, o non esistere affatto, a mio avviso.
La seconda parte è di gran lunga migliore, più scorrevole in stile e contenuti e decisamente più stimolante.
Nello scenario di un mondo incontinente d'umanità, in cui il divario sociale è nettissimo e vede la maggior parte della popolazione povera, incolta, stipata e per lo più senza un tetto sulla testa da una parte, e dall'altra chi invece può ancora permettersi il lusso di stappare del whisky e rimanere a palle all'aria davanti ai condizionatori, si muovono dei personaggi ottusi, manchevoli di quei guizzi che io chiamo "d'umanità", ma che sono di rabbia fisiologica, di quell'individualità salvifica per la dignità propria e di quella collettiva. Ma nemmeno si possono definire dei disperati: essi non si pongono neanche il problema dello sperare in qualcosa di migliore. Forse talvolta, uno spiraglio. Nella donna, Shirl, che è in grado solo di utilizzare la sua avvenenza (e, ovviamente, i suoi genitali) per entrare, ogni volta che vuole, a far parte di quella ristretta élite di gente col tetto sulla testa e con buon cibo in bocca. Forse, nella sua povertà intellettuale ed incapacità nel non fare nient'altro se non cambiarsi d'abito o limarsi le unghie, qualcosa di buono c'è. Ma è minima, e soffocata dalla sua pochezza e dal suo disgustoso (esagero?) individualismo. Lei vuole la comodità, tutto ai suoi piedi, non le piace tirar la cinghia. E a chi piace, Shirl?
Brucia sicuramente una fiamma di rivolta nell'anziano Sol, ma destinata prevedibilmente ad essere soffocata (piccolo appunto: scusa Sol, mi stai simpatico, ma odio quel tuo modo smargiasso di approcciare le donne). Gli Anziani, forse per aver ricevuto il privilegio di un'istruzione, o qualcosa di simile, o forse perché hanno vissuto in periodi in cui un vero tessuto sociale, anche se forse in declino, esisteva ancora, sono gli unici rompiscatole esistenti. Gli unici con un barlume di, ecco la parola giusta: coscienza. Nel resto dell'umanità essa è invece sopraffatta dall'istinto di sopravvivenza, e dai disperati (ma senza consapevolezza) tentativi di rendere la vita meno aspra ed individualista. Come? Formando il proprio piccolo branco. E andando avanti così, come viene. Quasi per dovere. So it goes direbbe Vonnegut (ma non allo stesso modo, non allo stesso modo, mio buon Kurt).
Un certo tipo di personaggio "inetto" mi attrae molto. L'inetto, se così si può ancora definire, che mi piace, è quello che tende senza arrivare. Quello che prova ma non riesce, il frustrato, quello un po' fallito, in conflitto col mondo, ma, ecco il suo spessore: il conflitto col mondo, che come un calzino si rigira e diventa conflitto con se stessi e bam. In una confusione di elementi d'inettitudine, ma senz'ombra di contraddizione anche di superomismo, ecco IL personaggio della crisi. Da qui è a un passo lo sviluppo di interessanti "sottotipi" di vario genere (come a un passo è la perdita di punti di sanità mentale...).
Il personaggio invece più detestabile che possa mai incontrare in un libro (o film, o fumetto, o perché no nella vita) è l'inetto piatto. L'incosciente, l'idiota. L'automa. L'ottuso. Il detective Andy Rusch.
Il detective Andy Rusch, nel corso della storia, indaga sull'omicidio di Big Mike. E' un bravo poliziotto, Andy Rusch, già. Il vero braccio della legge. Tu ordinare, io fare. Non importa se hai a malapena tempo per respirare. Non importa se ti sbatti dormendo tre ore a notte e oltretutto quell'ulceroso di Grassioli ha anche da farti la predica. Non importa se ti costringono a lavorare ad un caso di rapina divenuto omicidio per sbaglio, mentre, vista quanta gente ora muore al minuto, tutti gli altri casi vengono chiusi appena aperti se non si riesce a trovare il colpevole in pochi giorni. La gente è troppa. Ma Big Mike aveva amici in politica. Che suono ha la parola "stipendio", in tutto ciò?
Sempre in prima battuta ho pensato che l'analisi del comportamento di massa operata da Harrison non reggesse per niente. E' in ballo da anni la convalida della legge sul controllo delle nascite, ma non si riesce ad attuare a causa della forte opposizione dei "conservatori". Allora, pensavo, non può essere. La gente povera sforna figli per avere aiuto nel lavoro. Generalmente nel campo dell'agricoltura. Ma siccome in questa società non c'è nulla da fare, né terra da coltivare, né cibo da procacciare (è razionato così come l'acqua) non ha senso che le persone continuino a far bambini. Perché dovrebbero?
Tutto giusto se non ci fosse un divario sociale tanto profondo. Perché quella condizione è alienante, ma mai alienante quanto il rimanerci soli. Tanto che rileggendo il pezzo in cui Sol si rimbocca le maniche per partecipare ad un'azione di protesta contro i conservatori, ho dei dubbi sull'interpretazione che ho dato ai discorsi del vecchio. Pensavo che Sol fosse semplicemente il mezzo col quale l'autore parlasse e dicesse la sua (su ecologia, sfruttamento, sovrappopolazione... e così via). Ripensandoci, non so.
- E' quella che chiamano la legge uccidi-bambini?
- Che cosa? - gridò Sol [...] - Un branco di cretini, ecco cosa sono. Gente con la testa ancora fossilizzata nel medioevo, e i piedi fossilizzati. In altre parole, i fessi.
- Ma Sol, non potete obbligare la gente a praticare una cosa nella quale non crede.
Il discorso continua, e Sol dice un sacco di cose molto sensate. Ma se la sua parte di ragione la avesse anche Shirl (sic!)?
Ho letto 1984 ormai diversi anni or sono, ed in fretta. Un libro superbo, eccezionale. Ma dio solo sa (o chi per lui) quanto abbia dormito male quelle notti. Il suo vivido scenario da incubo mi perseguitava anche in sogno. Così mi son dovuta sbrigare a terminarlo, e ricordo solo vagamente caratterizzazione e destini dei vari personaggi. Una cosa però me la ricordo bene: Smith (si chiamava così il protagonista?), al contrario di Rusch, era vivo. La società era viva: il Ministero dell'Amore, i lavaggi del cervello, le torture, le abiure, esistevano perché i ribelli continuavano ad esistere. Ne potevi far fuori uno, ne potevi convertire un altro, ma loro erano. Indiscutibilmente. Pur nella sua terribile condizione, l'umanità conserva in sé il seme della speranza. Ed è sua innata caratteristica!
In Largo! Largo! l'umanità è già morta, il mondo già finito. L'unico a mantenerne (Sol a parte), paradossalmente, una sua cosciente visione è un personaggio marginale, Peter, il folle. Fissato con la fine del mondo, non fa altro che dar noia sciorinando frasi bibliche sull'Apocalisse e sulla grande prostituta Babilonia.

-Forse avete sbagliato secolo, - disse Andy tenendo l'uomo per il gomito e guidandolo fuori della folla. - E' passata la mezzanotte, il nuovo secolo è già cominciato, nulla è cambiato.
-Nulla è cambiato? - gridò Peter. - Ma questa deve essere la Fine del Mondo, il Giudizio Universale! Deve esserlo! - Terrificato si divincolò, liberando il braccio dalla stretta di Andy e stava per allontanarsi, ma fece un passo soltanto e si voltò. -Per forza, deve finire!- gli gridò con voce straziante. Come può, un mondo come questo, andare avanti per un altro migliaio di anni, così? Così?

Non me la sento di dire che si tratta di un libro brutto. E' che in realtà speravo che fosse semplicemente un libro brutto, tentavo di convincermene, perché so che esiste qualcosa di peggio: un libro disperato.

P.S.
Grazie a Danilo per l'interessante chiacchierata: tu riesci sempre a guardare oltre!

venerdì 28 gennaio 2011

Ripensamenti e mah.

Mi chiedo spesso se per caso, in un mondo relativamente diverso, molti più uomini possano pensare di intraprendere il mestiere di puttano. Mi chiedo poi se esistano già molti più uomini di quanto creda che senza problemi pensano di poter fare il puttano. Mi chiedo ancora se non esistano già tanti puttani, più di quanto si pensi, più di quanto si creda, più di quanto una persona comune non sia disposta ad accettare.
Mi chiedo, ancora più spesso, se, cercando di abbattere un cliché e sdoganare verità socialmente "scomode" ma quotidianamente nascoste, non si vada a sbattere su cliché egualmente granitici ed altrettanto fastidiosi.
Questo è un estratto di un libro dell'attuale direttore de L'Unità, Concita de Gregorio. Non mi è mai stata particolarmente simpatica, a dirla tutta. Però mi ha ricordato un po' l'approccio della Despentes al tema, che lessi ormai più di un anno fa, e al quale spesso ripenso. Ci ripenso anche alla lontana, ci ripenso nelle più svariate declinazioni, spesso anche non accorgendomene, ed assieme a tutte quelle pubblicazioni che ho letto e sto leggendo nelle quali sorgano perplessità o domande su cosa significhi davvero essere nata senza pene.
Quell'estratto, lo ammetto, non mi piace. Quando si parla dell'essere donna, talvolta, traspare questa enorme voglia di rivendicare la propria libertà sessuale, facendo della vagina anche uno strumento di lavoro, e dunque scegliere di intraprendere una brillante carriera nella prostituzione, diretta o un po' meno (webcam & affini), nella pornografia, insomma, lavorare col corpo. Sacrosanta libertà.
Ok, e dunque?
Brava, vuoi un applauso?
Hai abbattuto le tue personali barriere, senti la società in debito verso di te perché la sua ipocrisia può assalirti perché chi ti critica può darti lavoro, quando nessuno più lo guarda. E per questo ti senti più figa degli altri?
Per giustificarti agli occhi di chi hai bisogno di guardare così nel profondo le debolezze altrui, e dichiararle nel tuo discorso, Cristina, presunta puttana? O Virginie, se preferisci? Perché hai bisogno di sentire il tuo lavoro come un servizio sociale? Non può venirti in mente che, magari, dietro una scopata, invece, possa esserci solo una scopata?
Non è un attacco, non è un j'accuse, come spesso invece mi appaiono questi reiterati discorsi alla femminista-wannabe. Accuse alla solita "società": la solita fotografia in scala di grigi di uomini tristi e soli che hanno bisogno della valvola di sfogo sessuale (per carità, sennò non si reggono... allora mi chiedo perché, difficoltà di erezione a parte, non siano LORO a dover scegliere di fare questo lavoro: i puttani) per ritrovare la felicità perduta, perduta anni fa quando hanno deciso di indossare le trite e ritrite manette del matrimonio, con donne lise e corrose dalla fatica senza più tempo da dedicare al marito né alla loro stessa cura personale, le solite donnette che dopo il parto ingrassano e non vogliono più scopare, e anche se volessero farlo toglierebbero qualsiasi libido a quei loro mariti brutti, sudati, schifosi.
E per quanto possa esistere questo quadretto, io mi chiedo cos'abbia in più una puttana per sentirsi più figa dei suoi protagonisti.
Il suo servizio sociale può essere utile anche solo per un attimo, quell'attimo in cui il "suo ragazzo" si sente nervoso e vuole un pompino, poi scherzano e ridono, ma lei sa che in fondo è vero, che così lui ritroverà la sua calma. In fondo è vero cosa?
Perché pensa al maschile? Perché non menziona il fatto che volendo potrebbe bastare una leccata al tappetino di una donna per chetare il suo isterismo (e tra l'altro... il vibratore l'hanno inventato apposta. Quindi mi sa che è vero, sì)?
"Io sono la padrona": mi chiedo di cosa.
Io non so, sono troppo giovane in esperienza per sapere dove la vita può portare, cosa può spingere a fare, non so cosa voglia dire aspirare una vita decente (credo di averla già, senza aver fatto alcuno sforzo, e spero che duri). C'è chi per aspirare a questa "vita decente" si mette a fare la puttana; per me non è un problema. Solo, per me quella non è vita decente, come può non esserla quella di un minatore, quindi escludo quella strada.
E adesso io mi sento migliore non di una puttana (come non mi sento migliore di un minatore), ma di chi deve delle spiegazioni a se stesso o agli altri nel giustificare le proprie scelte "socialmente scomode". Perché la spiegazione più semplice, dignitosa e accettabile per me resta una ed una sola: basta un "perché mi va e ho la libertà di farlo". E stop.

[P.S. :capoverso senza veli e nemmeno troppo senso:]
E comunque non lo so, il succo del discorso è che intorno a questo argomento, tanto per restare in tema, ci si fanno un sacco di seghe, un sacco di casini, c'è persino chi ci scrive interi libri o post sui blog, si potrebbe risolvere tutto con una parola, e tutto il resto non ha molto senso.
Ma in fondo so che sono un po' nazi, a me le puttane per scelta, per quanto rispetti la libertà di compiere una scelta senza se né ma, mi fanno schifo, mi fa schifo che esista il mestiere della puttana, suvvia, lo ammetto. E non mi fa più schifo chi ci va, come dicono tutti: a me fanno schifo entrambi. Non è un falso moralismo, mi fa schifo e basta, rivendico la mia libertà a provare disgusto. E mi fa schifo in parte per tutto quel pippone sulla società (che noia: insomma, se vuoi scopare e sei stufo della tua vita monotona e grigia abbi le palle e dacci un taglio, tanto non è che il tessuto sociale sia ormai tutto questo granché, il solito discorso, alla fine lo stesso discorso dell'autrice; però poi ci sono gli affetti, i figli e blablabla due balle), ma anche perché tutto il pippone sulla società, lo stesso pippone che l'autrice monta su, mette sullo stesso piano, bilancia esattamente lo schifo che si può provare nei confronti di chi va con le puttane e verso chi la puttana la fa. Se dobbiamo ricondurre tutto ad una necessità, è così, dunque.
Necessità di denaro e scelta di intraprendere una data carriera in un caso; necessità di sfogo, di relax, o quant'altro e scelta di porre fine allo stress con una puttana, nel secondo caso.
Ecco come va "la società": tutti a pensare al bigottismo, all'ipocrisia, ma secondo me dietro c'è qualcosa di molto più semplice: fa solo un po' schifo. Improvvisamente mi sento molto integrata. Bigotta? Alcuni (con una mentalità a loro detta aaapeeerta) mi hanno dato quest'epiteto, perché ammetto a me stessa lo schifo che mi fanno le cose. Alla faccia delle accuse d'ipocrisia alla "società".
Io però nel mio presunto bigottismo una piccola vendetta nei confronti delle prostitute me la prenderei: vuoi vedere quanti soldi entrerebbero in cassa mettendole in regola?
Vendetta poi, molto tra virgolette: un vero lavoro non ha bisogno di tutte ste seghe mentali. E ce ne libereremmo, persino delle mie.

lunedì 10 gennaio 2011

Trop.po.p.

Non va.
Da quando Anobii ha iniziato a fare il bizzoso, mi si è inceppato un qualche meccanismo interno. Leggo meno, e se leggo, leggo pop. Ho smesso di vagare per blog interessanti trattanti pubblicazioni vecchie e nuove, ho smesso di vagare per i locali della biblioteca in cerca della prossima lettura, se passo in libreria ci rimango quel tanto che basta per compiere la missione prefissata. Dritti all'obiettivo, poi in cassa, poi ciao. Sono diventata una persona peggiore. Damn it, mi sono svenduta. Sapevo che questo mio vagare per abissi di forum, social network, personal blog m'avrebbe prima o poi corrotta.
Da quel lontano settembre in cui avevo pianificato quel bel percorso di letture sulla mistificazione della realtà, ho avuto un'epifania.
La luce divina è stato un insospettabile video di due pseudo-deficienti che si divertono ad andare in giro per comi-con e rompere le scatole ai cosplayer. Il nonsenso è che sono cosplayer anche loro. Fingendosi anonimi e normalissimi infiltrati alle "carnevalate", in video in stile Iene se la ridono alle spalle dei mascherati ammettendo di voler "fare satira" sui cambiamenti insorti nell'ambiente di fumetti & cosplay. Wow, satira. Il che sembrerebbe assurdo, becero e grossolano. Se non fosse che, non essendo tutto ciò che sembra, esce fuori che loro non sono loro, ma i loro "personaggi" che si fingono (incomprensibilmente) beceri e grossolani, e i due non sono altro che divertiti spettatori di loro stessi.
Difficilissimo cogliere l'intento reale, non essendoci una critica "attiva" ed esplicita alla "mafia dei nerd che si nasconde e annida nelle fiere del fumetto", compiendo poi "attacchi" indiscriminati (chiamiamoli così) che colpiscono ragazzini fissati in crisi da merchandising sfrenato ma anche no.
Ok, è una cazzata. Nel senso che non ho idea del perché quest'insulsaggine del web abbia potuto ossessionarmi tanto da poter essere eletta ad "epifania ufficiale". Forse perché avevo già bollato l'operazione come terribilmente grossolana, schifandola come una piaga purulenta della società, e poi s'è rivelata, al di là degli intenti, sottile tanto da non averla colta.
Breve è stato il passo verso l'essere spettatrice di me stessa. Sciocca, brutta gradassa, pensavi di aver capito tutto, e invece.
Dal vedermi come una curiosa, umile, nascosta "studiosa" della socialità del web, sono passata al sentirmi una morbosa pettegola perditempo troppo esposta, un po' attention-whore. Volevo analizzare tutto il "peggio-pop" ma sono diventata parte del peggio-pop. Sempre che non lo sia stata sin dall'inizio. Such a shame.
Non sto qui a dire come, ma... merda, sto scrivendo cazzi miei su un blog, non è abbastanza?
Ovviamente, mi sto guardando dall'alto, ridendo di me. Ovviamente, mi sto guardando da più in alto facendo facepalm di quella là che ride di una che fa facepalm scrivendo su un blog riferendosi a una tizia qualunque che si lamenta di essere caduta in un baratro affollato di sporca plebaglia. Ovviamente, su Giove, sto ridendo di quella in pieno facepalm demoralizzata da quella che ride di una che fa facepalm scrivendo su un blog che parla di una qualunque lurida merdolina che si lamenta di... ok.
Sono pentita, lo ammetto. Sto espiando le mie colpe fissando pixel a forma di lettere in un luogo-non-luogo. Pensando di espiarlo mi rendo ancora peggiore di ciò che ho detto di credere di essere.
Non è detto che lo creda davvero. Forse sto solo rosicando di non aver colto i video di quei due. Perdutamente odio le circonvoluzioni cerebrali.

P.S.
Ieri ho sbagliato un congiuntivo. È stato tremendo. Ciò dimostra che ci sono rotelle inceppate.