Per scrivere certi commenti serve la stessa incazzatura di quando li hai pensati, e non sempre ce l’hai a portata di mano. E’ per questo che non riuscivo a commentare King Kong Girl della Despentes. Avevo iniziato a leggere già altri libri, e la mia carica s’era affievolita.
Mi piace frequentare forum e social network: fa parte del mio programma di osservazione antropologica. Se nel mondo “reale” ti accorgi di quanto becero sia il mondo umano, non te ne accorgerai mai tanto senza vivere appieno le sue realtà. Con forum e social network ti rendi conto di quanto gli uomini siano ancora più beceri di ciò che credi. Il contatto con la bassezza è necessaria. Ma non divago.
Mi è capitato dunque di veder parlare di uomini, per l’ennesima volta.
- “Lui non mi aiuta in casa, non lo sopporto più”.
- “Ah il mio no, cucina persino”
- “Fortunate voi! Sono uomini, non ci capiranno mai fino in fondo perché non hanno l’utero. Chi ce l’ha fatta fare la rivoluzione femminista. Ci fa sgobbare il doppio”
Seguono poi manifestazioni di volontà di tornare negli anni ’50, perché lì almeno si lavorava solo a casa.
Comprendo il sarcasmo che potrebbe essere celato in queste affermazioni. Tuttavia, la cosa non riesce a divertirmi. Per me, una mancata divisione del lavoro in casa in caso di convivenza con un compagno sarebbe inimmaginabile.
Sembrerà strano, ma la mia personale rivoluzione femminista è partita dagli uomini. Intendiamoci, non nel gettargli merda addosso. La merda addosso l’avrei voluta gettare alle donne. Se la meritavano, quella merda, e le puttane avrebbero anche goduto, di quella merda, perché da quando ho guadagnato le capacità necessarie ho realizzato: le donne “che contavano” godevano dell’umiliazione. Contavano perché umiliate. E non umiliate da uomini, ma da loro stesse. Se l’uomo prende, deve esserci qualcuno che dà. E le donne che contano danno la fregna come trofeo, le donne che contano hanno le tettone , si fanno guardare, compiacenti, perché non conta quello che costruiscono, ma conta che hanno la fica.
Titoli di giornali: “La bellissima e bravissima atleta Y ha vinto l’oro...” “la bella e nota cantante X ha lasciato tutti senza fiato” “La bella candidata Z del partito J…”
Spesso viene messa in luce l’eccezionale bravura di donne “che contano”. Ma l’encomio è sempre doppio. Non ho mai sentito nessuna lamentarsi di questi doppi encomi inutili. E’ dovuto, perché hai la fica. Se arrivi in alto e quindi conti, conti perché sei brava ma ANCHE bella. Ѐ NATURALE che conti perché hai la fica e sei bella, se avessi avuto la fica e fossi stata brutta semplicemente non saresti esistita. Tutto qui. Non puoi essere brava e avere la fica e basta, nono. Se poi sei così così, ma comunque guardabile, ci pensiamo noi, e lo diciamo a tutti che sei bellissima, non perché tu lo sia davvero, ma perché così DEVE ESSERE. Perché sei femmina e fa parte dei tuoi compiti. Devi essere bella. Devi curarti, devi piacere. Ma non solo agli uomini, che devono girarsi per osservare il tuo splendore, e questo, non sia mai, non deve darti fastidio, perché fa parte dei tuoi doveri il fatto che ti piaccia! No, è importante piacere alle donne, importi come modello. Lasciano più bava le donne che il resto.
Poi, cos’altro devi fare, donna? E’ tuo dovere cucinare, sistemarti, metter su famiglia, sedurre ma non essere puttana, concederti ma stigmatizzare chi si concede. Dire che gli uomini sono tutti uguali. Fa parte della routine.
Spesso ho affermato e pensato che l’odierna e disgustosa condizione femminile, pressoché universale, schifo più schifo meno (no, pallosi del cazzo, non mi voglio mettere allo stesso livello di chi è sfregiato con l’acido, ma abbiate fiducia, uno sputo di fiducia una volta tanto: se vi dico che io, donna, nell’odierna condizione in questa latitudine provo un immane disagio a vivere in quanto tale, credetemi. Per favore.) sia frutto dell’interiorizzazione da parte delle donne di un ideale, anzi, di più ideali maschili, che, con meccanismi morbosi, abbiamo fatto nostri, senza costruire ex novo una reale identità di genere. E’ una teoria. L’altra potrebbe essere semplicemente che la stupidità vince in quanto a numeri e forza.
La seconda teoria mi deprime molto, ma credo sia la più valida. Si adatta a tutto, ad ogni problema sociale e politico. Stupidità e fame. Stupidità dettata dalla fame. Fame in senso figurato ovviamente: il famoso tornaconto personale. Che spesso è stupido anch’esso, in quanto non lungimirante.
Povere donne. Povere noi. Non pensiamo. Cosa ci ha rese così remissive? La nostra mancanza di forza fisica? La facilità ad essere picchiate e penetrate? Cosa? Perché ci abbiamo ragionato su così poco? Perché non sappiamo far funzionare il cervello allo stesso modo di come usiamo le tette, il culo e quell’orrido buco fra le gambe?
Poveri uomini. Poveri loro. Perché non riscattano la loro sensibilità? Perché sono contenti di farsi dire che ragionano col pisello? Che sono bravi a badare a loro stessi almeno quanto lo è un bambino di otto mesi? Che sono patetici, ad ottant’anni, a farsi prendere per il culo e per le tasche da una puledrona di venticinque?
Donne e uomini dovrebbero smetterla di pensarsi innanzitutto come tali. Iniziare a pensare come comunità. E poi viene il resto. Ma avessimo trovato questa strada, il mondo sarebbe completamente differente.
Il mio commento al libro della Despentes è questo. Questo è ciò che pensavo prima di leggerlo, questo è ciò che penso dopo. Il suo linguaggio scabro è degno del tema, e mi sono permessa di riutilizzarlo. Il libro mi ha risollevata un po’ dalla mia rassegnazione, perché ho scoperto che non sono sola. Non sono sola a rivendicare il diritto ad essere donne autentiche che amano uomini autentici.
La Despentes mi piace, anche se sul libro un paio di appunti li avrei:
- Hanno messo una figura piacente in copertina… vabè
- Sono abbastanza d’accordo con quello che dice sul porno e sul sesso, ma una cosa che contesto alle femministe, se così le vogliamo chiamare, è proprio la quantità di spazio dedicato al sesso. Ma sti cazzi. Il concetto di sesso motore immobile di tutto il mondo visibile e invisibile deve essere superato. Non è la questione fondamentale, secondo me, delle differenze di genere.
Non è che non se ne debba parlare, anzi. Per secoli abbiamo taciuto, ma l’equazione donne = emissario del sesso è rimasta valida. Abbiamo parlato e continua ad essere valida. Forse dobbiamo parlarne ma dandoci meno peso. O forse non lo so. Mi vengono in mente mille auto-obiezioni. Affanculo il sesso. Semplicemente mi rompe il cazzo che sembra ogni volta che la femmina ribelle debba essere una puttana: l’icona del sesso. Una puttana è solo un tipo di donna, non necessariamente la donna autentica. L’onnipresenza del sesso mi ha rotto, la voglio smontare, distruggere, mangiarmela.
Qualsiasi cosa possa aggiungere sarebbe una ripetizione dei concetti contenuti nel libro. Andiamo d’accordo, io e lei. Siamo entrambe perfettamente coscienti di essere nella più completa merda. E’ già qualcosa.