lunedì 6 settembre 2010

Tolleranza zero - 1

"Niente è reale, tutto è lecito"
Certi meccanismi, certe forme mentali, certe frasi o certi dati di fatto, sembrano talvolta essere talmente assodati o ripetuti che, come la sabbia cade nel mare, sembrano sedimentarsi, piano, piano, nelle menti. Sgusciano fuori come serpenti d'acqua in forma di locuzioni, di frasi di rito per dar l'avvio ad un pensiero, di obiezioni classiche per affermazioni scomode. Eppure, se le vedi, queste sabbie sono fatte di nulla. Sono inconsistenti, senza fondamento. Ma questo nulla di fatto ha delle conseguenze di peso.

Sbroccare per la verità
C'è un motivo in particolare che mi spinge ad amare la lettura e il confronto: è la ricerca della verità. In questo senso internet ha molto aiutato le persone come me: bastano pochi click e con poca fatica (ma tutto sommato è falso, la ricerca della verità ne richiede sempre molta) è possibile accedere ad un gran numero di utili informazioni. D'altro canto, però, è necessario lavorare di fino per scartare quelle inutili e dannose. Internet ha anche contribuito a dare proporzioni mondiali all'antichissimo fenomeno della diffusione di bufale e ciarlatanismi di vario genere.
Come ho avuto già modo di scrivere, trovo utile frequentare social network e forum. Utile per sondare qual'è lo stato d'animo collettivo, almeno di una certa tipologia di gruppi; per capire quali direzioni "l'uomo-folla" preferisce prendere rispetto a quelle dell'"uomo individuo". Come si muove il mondo insomma, cosa lo prende, su cosa si fa leva per percularlo. Mi serve anche per difendermi, per evitare di far parte dell'"uomo-folla" quando questo, con stoltezza, si fa tirare per il naso in direzioni masochistiche.
Spostandoci un tantino da quello che voleva essere l'argomento d'esordio del post, il revisionismo storico ed il suo uso politico, parto da un episodio di vita e incazzatura vissuta e su forum, per poi proseguire in una sorta di flusso di coscienza che, come filo conduttore, vuole avere proprio la ricerca, spesso estenuante, della verità.

La goccia che non fa traboccare il vaso
L'omeopatia è una gran cazzata. E scusate se è poco. Non c'è da spendere troppe parole in sua difesa. L'apologia omeopatica si basa su assunti come questi:
- "Con il mio cane/mio nonno/mio figlio ha funzionato. Non ho detto loro nulla: non c'è effetto placebo"
- "Mi sento un caso assolutamente peculiare, su di me l'omeopatia funziona, su di te potrebbe non funzionare. Non siamo tutti uguali"
- "Ci mette molto tempo per funzionare, non è come la medicina tradizionale che pretende di trovare una cura immediata alle necessità del corpo in malattia"
Questa è falsità pura e semplice. Ma non sono io a dirlo, sono le ricerche, la comunità dei ricercatori, dei medici, le evidenze sperimentali di ricerche condotte con tutti i crismi. Ma non basta. L'omeopatia è una questione oramai metafisica. Sei dei nostri o no? Ci credi o non ci credi? Se non lo fai, bè, non puoi smontare il castello di carte altrui, costruito con tanto sudore su carteggi ed esperienze basati su tale immane raccolta di fuffa. Con me funziona. Punto.
Dare del ciarlatano ad un medico omeopata è considerato offensivo. Mah, forse perché è poco, meglio stregone. E fu così che, intitolando un topic "ciarlataneria e medicina", senza alcun riferimento (esterno) al fenomeno omeopatia, fui avvertita del fatto che sarei stata passibile di denuncia. Fornirei volentieri nome, cognome ed indirizzo a chi si prendesse la briga di inoltrarla, questa denuncia: non credo avrebbe molta speranza di vincere.
E sono stata in qualche modo "accusata" di "avere degli interessi in ballo". O meglio, di prendere una posizione contraria alla "medicina alternativa" perché sono di parte. Di parte cosa? Sono stata indottrinata, forse? Mi hanno fatto il lavaggio del cervello? O forse ho scelto di intraprendere la strada di una maggior conoscenza scientifica per parlare di certi temi con una maggior cognizione di causa, proprio perché mi sono resa conto del fatto che certi strumenti critici, nonostante i miei (allora) 20 anni, non mi erano stati forniti?
Si può avere un cervello acritico qualsiasi sia il percorso di studi intrapreso nella propria vita. Perché la conoscenza non si acquisisce fagocitando slogan, scegliendo la risposta più semplice per metterci a posto la coscienza. O quella più suggestiva perché è affascinante. Non si può credere che il mercato omeopatico sia esente da speculazioni ed interessi e che queste siano un problema esclusivo delle grandi case farmaceutiche.
E come ho già scritto sul forum in questione:

« Io non voglio dare, diciamo, giudizi ideologici. Ciò che manca proprio a livello di mezzi di informazione è un'oggettività, mancano i riferimenti scientifici, e questa mancanza riduce molti dibattiti (quello sull'omeopatia è solo un esempio) a resoconti di conflitti ideologici, senza confronti razionali, o ad elenchi di esperienze personali senza reale validità ("con mio cugino/il vicino/il cane ha funzionato" Che validità ha? L'esperienza deve essere ripetibile, avere certi standard che la convalidino ed essere all'interno di un certo campione, il caso isolato da solo non vuol dire niente. È come quando un polacco ruba e si dice "bè tutti i polacchi sono ladri". Che validità ha?). Va da sé che queste lacune producano il solo frutto della confusione del fruitore/consumatore e quindi approcci non consapevoli verso varie tematiche es. l'omeopatia, specie se, come in questo caso, alcuni "giudizi" abbiano un forte appoggio popolare. Insomma, stiamo parlando di miti.

Io vorrei arrivare al punto in cui un fruitore di omeopatia (che può anche spendere miliardi in acquette, non è affar mio e non mi interessa, davvero!) sia consapevole del fatto che... si basa su fuffa. Ma che male fa la fuffa? Nessuno, si potrebbe obiettare. Ma in realtà se ci apriamo a un solo argomento a base di fuffa non vedo perché non dobbiamo accettarli tutti. Non si possono usare due pesi e due misure. Perché poi si creerebbero paradossi del genere:

Allo stesso modo se ci fossero i medici che come "medicina complementare" prescrivono le preghiere alla Madonna + acqua santa non sarebbe lo stesso ? pero' sai che casino .... ci sarebbero le proteste in strada per il vaticano che si intromette nella scienza ma forse i medici col crocefisso in tasca piero angela non lo denuncerebbero

Senza contare che l'esasperazione o peggio la disperazione per una malattia è molto facilmente sfruttabile. Legittimare metodiche senza fondamento non mi sembra una tutela nei confronti del malato (né dello Stato nel caso il s.s.n. dovesse rendere mutuabili gli omeopatici... vi immaginate in che posizione si troverebbe lo Stato nel caso arrivassero frotte di lamentele e richieste di rimborsi di gente sulla quale quei medicinali non hanno "funzionato"? Non sarebbe affatto invidiabile).
Insomma io non voglio "convincere" nessuno. Mi sta bene che un individuo scelga di fregarsene della "verità scientifica" e andare per la propria strada, alla fine si chiama fede, non ho argomenti per discuterne. MA un individuo deve arrivare alla consapevolezza del voler scegliere la fede, possibilità che non viene data più di tanto, perché manca un'informazione oggettiva nei confronti della medicina alternativa. Io credo che ben poche persone (non qui, ma in generale) conoscano i principi dell'omeopatia, viene pubblicizzata nel segno del marketing facendo leva sulla voglia di "ritorno alla naturalità", molte informazioni o non vengono date o sono faziose.»

Però, non capisco come, questa posizione viene presa per estremismo. La scienza non è una fede, sono d'accordo. Ma una verità oggettiva, almeno in questo caso, esiste, o può essere cercata, perché ignorarla? Perché non pensare che, in un mondo dominato dalle logiche del profitto, gli inganni non provengano da più di una direzione?

Termino con una frase di Paolo Attivissimo, noto bloggatore e smascheratore di bufale. Si tratta di una critica a chi ha acquistato il famoso Power Balance, ma sostituendolo con "omepatia", "pendolino", "biowashball", "cristalli magnetoterapici", la morale non cambia. Eccola qua:

a questo servono la conoscenza scientifica e il metodo d'indagine razionale: a non farsi buggerare dai ciarlatani.

Ah, e se siete fra quelli che hanno comperato il Power Balance, lasciate che ve lo dica senza troppi giri di parole: siete dei fessi. Offendetevi pure: vuol dire che siete due volte fessi. La prima perché avete abboccato alla panzana del Power Balance, la seconda perché invece di ammettere di aver fatto una fesseria v'incazzate con me. La prossima volta, magari, provate a informarvi prima di comperare una patacca.

venerdì 20 agosto 2010

Pirati! Ancora!

A parte qualche intermezzo, qui si veleggia ancora sulla rotta della Tortue.
More about La clessidra del potere Questo libercolo l'ho acquistato, si dice, per regalarlo a mia sorella, pur sapendo che mia sorella preferisca di gran lunga dedicarsi con passione alla ri-ri-ri-ri-ri-lettura di fumetti manga quali Ransie La Strega, Card Captor Sakura, e ultimamente Sei il mio cucciolo. Il suo hobby preferito era consumarne le copertine, tenendole ben salde tra le sue dita sudaticcie, sino a farle divenire una sorta di poltiglia. Se non fossi riuscita a toglierle questa malsana abitudine, il suo destino di lavoratrice in impianti di riciclaggio carta con metodi biologici sarebbe stato assicurato. Ad ogni modo, l'ho davvero acquistato per regalarglielo. Credo che, data l'età, riesca ad apprezzarlo più di me.
Avevo voglia di leggere una ragazzata, un libricino scorrevole, tanto per distrarsi. E l'ho persino scelto con elementi fantasy (sì, aborro il fantasy: lo considero il più grosso secchione di spazzatura letterario). E ha ben risposto alle mie aspettative. Lo potrei definire come una semplice sommatoria: Monkey Island + Resident Evil + L'Isola del Tesoro.
Monkey Island perché il cattivone cattivo cattivo della storia non riesco a non immaginarlo come una sorta di LeChuck: anche un po' grottesco nel suo essere nero, malvagio e senza pietà, capo di un esercito di non-morti e capace di terrificanti incantesimi di magia nera (vudù? Ci starebbe bene!). Una macchietta.
Resident Evil perché di zombie ce ne sono un fottìo, e affamati. E puzzolenti. Divertente.
L'Isola del Tesoro perché il protagonista è il solito ragazzino sveglio, che si caga sotto ma alla fin fine mostra coraggio, più coraggio di quanta ne richieda la sua età, e riesce a farsi amare ed accettare dalla ciurma di adulti e bla bla bla bla.
Non mi aspettavo una grossa caratterizzazione dei personaggi e fortunatamente non l'ho trovata. Speravo in un maggiore lavoro di approfondimento sulla realtà quotidiana di una nave. I romanzi pirateschi sono zeppi di terminologia esclusivamente marinaresca, e qui l'unico termine tecnico che ho incontrato è stato "barra del timone"... va bene, sarebbe uno spunto per imparare cose nuove, ma d'altronde il libro è destinato ad un target d'età decisamente più basso delle mie due decine e mezza, ci rinuncio tranquillamente. Diciamo che, fino al penultimo capitolo, non volevo essere impietosa. Volevo uno svago semplice, leggero e piratesco e l'avevo trovato.
Poi, il Karnar.
Un mostro marino che sbuca fuori come un perfetto quanto inutile deus ex machina, senza background definito, viene, appare a buffo, salva la masnada di pirati buoni e di sani principi ed altrettanto a buffo scompare. È perché odio il fantasy? È vero, ho le mie riserve, ma, davvero, questo era un espediente narrativo che definirei raffinato quanto un sonoro e pieno rutto di un conferenziere al microfono. Semplicemente messo ad minchiam. Discesa vertiginosa del giudizio.

More about Il Corsaro Nero Si potrebbe etichettare con la dicitura "piacevoli sorprese". Non avevo letto mai niente di Salgari, e pensavo di essere ormai troppo attempata per apprezzare le sue opere, un po' come mi è successo per L'Isola del Tesoro di Stevenson. Un libro piacevole, questo, ma a tratti poco vivido e lento in alcuni punti. Forse il fatto che il protagonista sia il solito ragazzino di giovanissima età (nella mia immaginazione opportunamente sostituito da una ragazzina in incognito, ma non cambia nulla) oramai mi mette un po' a disagio. Per inciso, Long John Silver, alias Porco Arrostito, s'è poi rivelato il personaggio più interessante del libro e non vedo l'ora di approfondirlo.
Tornando al Corsaro Nero, s'è rivelato essere di gran lunga al di sopra delle mie aspettative. Un libro per ragazzi di ogni età, senza ombra di retorica. Il protagonista ha tutte le caratteristiche distintive dell'eroe: nobiluomo, cavaliere, pietoso, eppure... Eppure, con quella sua aria funerea, lugubre, è circondato di quella cupezza da tenebroso che a prima vista lascia spiazzati in un personaggio tanto positivo, fiero e di saldi principi.
La chicca è il cammeo del giovane Morgan, comandante in seconda del Corsaro Nero, evento salutato con entusiasmo dalla mia immaginazione. Senza fatica l'immagine del Morgan della Santa Rossa è stata riutilizzata qui, "fittava" (come si dice in italiano?!) perfettamente: per me è stato meglio che guardare un film. Strepitoso.
Le descrizioni naturalistiche di paesaggi, fauna e flora sono vivide ed impeccabili, così come quelle di eventi, dalle battaglie navali all'emozionante uragano presso le coste delle piccole Antille, fino al palpitante amorazzo fra il Corsaro e Honorata, che credevo che il libro me lo facesse calare, e invece...
Non l'ho ancora terminato, ma mi sono ritrovata ad aver letto 160 pagine in due giorni. Da rimanerci con gli occhi sgranati. Fantastico! Entusiasmante! Vivido!

C'è dell'altro
Amélie Nothomb - Metafisica dei tubi, Le Catilinarie, Né di Eva né di Adamo
Perde un po' di punti questa scrittrice, nella mia classifica personale. Sembra come se, quando il contenuto delle sue opere sia privo di palese piglio critico o polemico nei confronti di alcuni meccanismi sociali, esse diventino prive della verve che mi aveva conquistata precedentemente. Se si concentra sulla sua autobiografia senza contestare nulla, mi risulta antipatica.
Niente di che per questi tre libri (il primo parla della sua infanzia, il secondo è un racconto un po' angosciante ma carino, forse il più rilevante fra i tre, il terzo narra della sua storia d'amore, se così la si può chiamare -koi, non ai, precisa lei- con un ragazzo nipponico), a parte un viscerale odio per le carpe che personalmente non condivido.

Yukio Mishima - La dimora delle bambole
Un libro di quattro o cinque racconti brevi, degni di menzione. Si tratta di racconti giovanili, antecedenti al romanzo "Confessioni di una maschera". Come al solito Mishima sa incantare il lettore, con quella comunione che fa sbocciare fra i suoi personaggi e la natura che li circonda, che sembra riflettere i loro stati d'animo e farsi portavoce dei loro turbamenti. Eppure sembra sempre sovrastarli, o prendere vita come personaggio a sé stante.
Bellissimo l'ultimo racconto, "Biglietti", intriso di un'atmosfera macabra di gusto tipicamente nipponico. Un po' lento "Il Principe Karu e la principessa Sotori" ma molto gradevole soprattutto per l'ambientazione nell'antico Giappone. Tutti comunque molto delicati e dall'atmosfera come di nebbia, quasi onirica, ma minuziosamente studiata (non incompiuta, ingarbugliata, inutile e senza ombra di raffinatezza come può esserlo quella di una Banana Yoshimoto, ad esempio).

Mary Roach - Stecchiti. Le vite curiose dei cadaveri
Di rado abbandono un libro, perché se non mi piace devo conoscerne l'intimo motivo, meditarci sopra, rimuginarci ed andare a fondo nello schifo che fa o nella sua insulsaggine.
Qui non ce l'ho fatta. E l'ho pure ordinato io in biblioteca.
È un libro di divulgazione scientifica anche ben scritto, con toni fra il serio e il faceto ma mai irrispettosi, che si propone di esporre al pubblico come i cadaveri hanno contribuito, volenti o nolenti (prima di passare fra i più, ovviamente), all'avanzare del progresso dell'umana specie. Prove tecniche di crocifissione o di interventi chirurgici, furti di cadaveri per dissezioni, collaudi d'automobili, ricostruzioni d'incidenti aerei (ho trovato un ulteriore motivo per non imbarcarmi in quei demoniaci tubi di metallo), trapianti di testa... svelati tutti i segreti della decomposizione. BLAAAAAAAAAAAAAAH! Non ce l'ho fatta, speravo di finirlo in fretta, ma madonna mia... niente, niente, non ci sono riuscita.
Mi sembra di aver rivissuto l'esperienza della visita al museo anatomico organizzata dalla docente universitaria di anatomia. Prima di entrare ero curiosa, tutta spavalda e anche un po' cazzona. Salvo poi uscire di lì con, dinanzi agli occhi, immagini di fettine umane, esseri micro e macrocefali in formalina, crani sezionati e nervi messi allo scoperto, con il colorito di un panno candeggiato ed in preda a conati e barcollamenti sospetti. Oltre al danno, la beffa: i colleghi più scettici uscirono dal Forlanini assolutamente entusiasti dell'istruttiva (per me distruttiva) visita.
Niente, per me il post-mortem è un tabù disgustoso, macabro e triste che posso affrontare solo attraverso la distanza del fantastico: ben vengano zombie, vampiri, uomini scheletro o fantasmi, ma la scienza della morte no, proprio no. Grazie per averci provato.

Bobby Henderson - Il libro sacro del prodigioso spaghetto volante
È la risposta più bella mai inventata alle scempiaggini dei creazionisti. Scritto da un fisico, si tratta di un vero e proprio libro sacro, con tanto di brochure da fotocopiare e distribuire per accaparrarsi proseliti e articoli (pseudo) scientifici di supporto alla neoreligione del Pastafarianesimo, ossia dei seguaci del Flying Spaghetti Monster (tradotto con Prodigioso Spaghetto Volante, in breve PSV). Si tratta in sostanza di una risposta a tono a chi avesse chiesto di introdurre l'insegnamento della "teoria" creazionistica a fianco di quella evoluzionistica. Volete insegnare il creazionismo nelle scuole? Bene, esigo che anche la creazione secondo il Pastafarianesimo venga insegnata, ha la stessa identica dignità e gli stessi fondamenti scientifici. L'ho trovato per caso in biblioteca e non potevo lasciarlo lì, né evitare di acquistarlo per regalarlo al primo amico che compiesse gli anni di lì a breve. È semplicemente geniale. Ogni evento naturale ha una spiegazione "logica" in funzione ovviamente del PSV, così come i seguaci del disegno divino ne trovano una buona per il loro dio qualsiasi esso sia. E, manco a farlo apposta (sarà un divino segno d'elezione del PSV, un suo prodigioso messaggio?), il suo popolo eletto sono... i pirati! E così viene dimostrata, attraverso la simulazione SPADA, la stretta correlazione fra la diminuzione del numero di pirati e il riscaldamento globale, provocata da un diminuito upwelling delle acque marine; vengono fornite prove matematiche, ontologiche e manageriali dell'esistenza del PSV; la gravità viene minuziosamente spiegata con l'azione delle Sue appendici pappardellose... e così via.
In His name we pray, Ramen.


venerdì 16 luglio 2010

Di librerie, di fesserie, e di bicchieri di rum per conforto. Nulla di serio.

Flash 1
Capita, che hai voglia di spararle, le fesserie, certe volte.
Sai cosa? Che ho trovato il mio libro perfetto. Pensavo non esistesse, invece l'ho letto! Ma mi sono innamorata del libro o del protagonista? Chissà, forse entrambi, ma d'altronde senza quel protagonista non sarebbe lo stesso libro.
Ok, del protagonista.
Chissà se ci pensava, John, che mandando alla stampa quella sua opera avrebbe tanto fatto girare la testa ad un'idiota dall'altra parte del mondo diversi decenni dopo, anche parecchi anni dopo essersi goduto il viaggio con Charley.
E così, con questo Henry Morgan fra le cervella, non riesco a godermi le letture successive. Me ne sono procurata di piratesche, ho pensato, bè, se non Morgan, qualche altro o altra ce ne sarà, di personaggio avvincente, in cui immedesimarsi, no?
E' che non ho voglia di scoprirlo. Perché Morgan e Morgan e Morgan e sto cazzo di Morgan... è una dichiarazione d'amore. Ahoy, love ya, Henry Morgan. Vorrei rileggere quel libro. Lo avessi fra le mani lo stuprerei. Reato di stupro di libro. Lo leggerei e rileggerei mille volte e mille ancora. Lo sdrumerei. Con le pagine di carta velina, lo farei diventare, con la copertina sciolta e semidistrutta, che non si vede l'illustrazione, con le sottolineature delle parti più belle e le orecchie, di elefantiache proporzioni, ne strapperei le pagine somme per ristamparle in grande e riattaccarle lì. Lo farei mio.
Vi amo, cartacce stampate di fonemi che non siete altro, ma fonemi messi nel modo giusto, come la frequenza di risonanza, toh, beccata, è proprio lei, è lei, non una virgola spostata a destra o a sinistra, sà?
Ah, sudo. No, non è la potenza dell'amore. Credo sia l'alcol. E credo sia luglio. Shiver me timbers!

Flash 2
Nah, basta cazzate. Parliamo di cose serie.
Per esempio: quando ti senti spinto a comprare una doppia copia di un libro che hai già, e che per giunta hai acquistato tu poco tempo prima, solo perché "l'edizione è graficamente più accattivante, guarda qua, è fantastico, mi spinge a leggerlo che è un amore! Mi grida: -Comprami! Avrai più piacere nel tenermi fra le mani! Le mie pagine scorreranno più facilmente dinanzi a te, sono scritto più grande, sono più carino, compatto, e la mia veste grafica è fatta apposta per infinocchiar... ehm, rendermi gradevole ai tuoi occhi. Sù, cosa aspetti? Prendimi, ORA! -".
L'ho preso, cazzo.
Maledetto Mucca Design.
Ah, grafici, stirpe impura, servi del potere e del dio denaro, mi avete fregata.
O è puro nerdismo di stampo bookaholic, o sono un'idiota, o entrambe le cose.
Però... quel libro diceva tutte cose vere! Nelle mie mani brilla! E' così bello! Sono così CONTENTA di averlo acquistato!

Flash 3
Avast ye! Letture piratesche in arrivo.
Io cerco di dividere i miei percorsi di lettura in filoni; è che in due o tre anni questi aumentano che non so, che devo fare per amministrarli?
Il filone Giappone continua ad arricchirsi grazie all'abbondanza scialacquata dell'ultimo periodo. Il mio problema è che i libri che compro li leggo dopo perché ciò che mi dico è: "bene, ora è tuo. Vedi di 1) godertelo. Non divorare... con parsimonia, dai, con parsimonia 2) tenertelo caro. Ce l'hai qui... non è piacevole fremere d'attesa? Lo puoi leggere quando vuoi. Goditelo. Passaci davanti, guardatelo, carezzatelo, compiaciti di averlo." Poi và in biblioteca e prendine in prestito un altro, prima che uno stronzo ti freghi il titolo che hai adocchiato. Poi, quelli lì, quelli della biblioteca... sono di tutti. Bella cosa, pensi? Insomma. Te ne stai convincendo. Quelli lì, te lo dico: sono puttane. Una botta e via. Li restituisci, pronti a darsi a qualcun altro. Con le copertine stropicciate dalle mani di chissà chi... No, te lo dico io... tu te li devi godere. Devi averli.

Mmm... credo abbia un nome. Penso si chiami avidità.
Ho divagato dal punto tre - sottotitolo: letture piratesche in arrivo. Riproviamoci.

Flash 3bis
Avast ye! Letture piratesche in arrivo!
More about L' isola del tesoro. Ediz. integrale mi sembra sia un caposaldo. Soprattutto alla luce del fatto che l'esimio John Silver è stato ripescato dall'universo dei personaggi letterari e collocato in una serie di sequel, prequel, e sim. Tendenzialmente le considero mere operazioni commerciali, tuttavia... basta, basta con questo noiosissimo piglio polemico, non mi fa godere nulla, voglio solo imbarcarmi, issare le vele e segnare la rotta. Ciao.
(Lo riconosci il design accattivante della copertina? Eh, eh?)
Avevo provato a leggere la copia della put... ehm, della biblioteca, ma innanzitutto era lontana miglia dalla bellezza minimale di questa fantastica edizione (casa editrice, ehm... Bur Ragazzi), poi era scritto in pulcesco, e poi ancora, non so come, non mi scorreva. La grande nota di merito di quell'edizione là - edizione edita da L'Unità- tuttavia, è la prefazione di Lidia Ravera, che si rammarica, delusa, di come queste fantastiche avventure, esulanti dalle noiose e quotidiane quattro pareti di casa, siano prerogativa assoluta degli uomini. Di come la madre di Jim, dopo aver preso l'audace decisione di tornare indietro, verso la sua locanda, sottoponendosi al rischio di incontrare quei brutti ceffi che tanto filo da torcere avevan dato a Billy Bones, poi non riesca a far altro che... svenire. Scupper that! Ma vaff...! Ye cowardly swab!!
Maledetto Stevenson! Sai cosa? Me lo leggo a modo mio, io. Niente Jim. Al suo posto c'è già una ragazza. Ah, libri, vascelli per la fantasia. Tutto sommato, fino ad un certo limite, puoi aggiustarteli come meglio credi. E' il loro più grande pregio. Tiè, Stevenson.


More about La vera storia del pirata Long John Silver Questo John Silver deve essere proprio un personaggio pieno di verve...

More about Long John Silver vol. 1 - Lady Vivian Hastings More about Long John Silver vol. 2 - Neptune
Uhmmm... come prima, ma a fumetti.
Me l'hanno consigliato tramite quel luogo di perdizione che è Anobii. Intanto, posso dire che la tavole sono, come dire... cazzute? Suona maschilista? Chissenefrega... Gradisco molto i disegni.

More about Storia della pirateria Siccome John Silver ha un po' nauseato, ho anche scelto un testo meno leggendario. Abbiamo anche bisogno di un po' di realtà storica, ogni tanto.

More about Tortuga Non è mio, ma l'ho regalato io. Un anno fa. E quest anno il seguito, Veracruz. Suppongo che il prossimo anno mi toccherà regalare anche l'ultimo volume della trilogia. Il mio saggio ma parzialissimo prof di storia e filosofia soleva spesso affermare che si regala agli altri ciò che noi vorremmo ma in versione più scadente. Per quanto riguarda me sembra proprio non valere, infatti poi rosico di non aver acquistato le stesse cose per me (e secondo me non valeva nemmeno per lui, regalava tutto e poi se lo ricomprava... almeno lui però se le ricomprava). E sì, va bene, è avidità, è avidità. Ma guardala... è vero che questi Mondadori col dorso giallo son fatti praticamente di bristol color ecrù tagliato malissimo... però guarda che bella copertina, col teschione e gli inserti dorati!
Ok, accantoniamo ancora una volta le cretinerie. I lettori di Tortuga mi hanno riferito che la ricostruzione storica sia degna di nota. Avvertenze prima di iniziarlo: abbandonare fantasie romantiche di sorta. Pirati brutti, sporchi e cattivi.

Bollettino terminato dopo tre giorni di patema d'animo (a quanto pare, Chrome proprio non sopporta tenere assieme aperte le schede di Anobii e qualsiasi cosa faccia parte del circuito blogspot).




lunedì 21 giugno 2010

Ahrrrr.

E una bottiglia di rum per conforto.

Mi vanno di moda i pirati.
Come al solito inizia tutto per caso, forse per colpa di Uàn Pezzo, forse e non da meno perché le febbri me le lascio attaccare volentieri (qualche ottuso la chiama "personalità di pongo"; io la chiamo invece "meravigliosa passionalità", strumento assolutamente indispensabile ad un curioso degno di questo nome).
More about One Piece One Piece è un manga che mi ha assolutamente rapita. Purtroppo sono attualmente in stallo, ho decisamente troppo materiale, fumettistico e non, da leggere in contemporanea, ma poco male: divorare non riempe panza.
Probabilmente, nelle mie personali classifiche, possiede la miglior caratterizzazione dei personaggi che io abbia mai scovato in un manga mainstream. Tutto sommato è facile cadere negli stereotipi: "fragga fragga" vende bene, meglio se con le pin-up dalla personalità di un panetto di burro (Bakuman insegna), meglio ancora se ci infiliamo un po' di valori ancorati al tradizionalismo. Oda, almeno fino al quindicesimo volume, non ci riesce proprio!
Primo, i protagonisti sono pirati. Il pirata è un ribelle, un autonomo, un uomo libero, un anarchico, uno con regole non dettate dall'istituzione, malvisto dalle classi dominanti. Spesso, un cattivo. Ci sono i contrasti col Governo Centrale, per adesso ancora da chiarire, ma che contribuiscono a dar rilievo al loro status di dissidenti.
Secondo, la fantasia di Oda è senza limiti. Il suo senso del fantastico rende le sue tavole divertenti come poche. Dall'uomo dai capelli afro racchiuso per vent'anni nel forziere ai bislacchi effetti dei frutti del diavolo, tutto è assolutamente spumeggiante, di una creatività unica.
Ultimo punto a suo favore, certamente non in ordine di importanza, la già citata caratterizzazione dei personaggi, in particolar modo delle donne. Fumetti mainstream come Naruto, ad esempio, riescono a costruire personaggi maschili anche secondari di un certo rilievo od originalità, ma lo stesso non si può certamente dire che valga per le donne. In One Piece le figure femminili sono assolutamente alla pari, e le donne vengono mostrate in tutte le umane differenze che le distinguono le une dalle altre. Persino, udite udite, nell'abbigliamento. Le donne di One Piece soffrono per qualcuno che non sia un maschio amore perduto o anelato, FINALMENTE esprimono a chiare lettere cosa possa significare avere alle calcagna l'ombra di un uomo che lo stereotipo vuole diventi più forte di lei, e combattere quest'ombra e questo stereotipo (Kuina, nella sua breve apparizione in flashback, ha un grande ruolo), sono avide, sono fraterne (guarda caso, parola con radice maschile), non sempre tettone, sono addirittura navigatori. Nami osserva il mondo, disegna carte, elabora piani, è VIVA, e di vita sua propria, che vive innanzitutto in funzione di se stessa, finalmente.
Nota di merito ENORME al signor Oda per questi primi 15 numeri.


More about La Santa Rossa Altra opera, altri pirati. Ecco quelli di Steinbeck, autore a cui "qui" non ho reso affatto giustizia. Ho divorato sette suoi libri in meno di due mesi negli ultimi tempi, e avrei continuato se avessi avuto altro della sua produzione a mia disposizione. Ne ho parlato poco, perché di poche parole necessitano i capolavori. Su questo piratesco romanzo di formazione però, schizzato in vetta alla mia personale classifica, vorrei spendere due parole.
Mi comincia un po' in sordina, con quest'atmosfera un po' mistica della campagna gallese in cui vive il giovane Morgan, e queste due figure femminili che lasciano a desiderare, Mamma Morgan e la giovane Elizabeth; l'una assolutamente limitante nei confronti degli aneliti del giovane Henry, se vogliamo anche un po' ottusa nella sua quotidianità e staticità. L'altra, un mero ideale, esempio di virtù femminile, la bella del protagonista. Poi, in un crescendo, si dipana la vita di Henry Morgan, prima venduto a sua insaputa come schiavo a Barbados, poi costruttore della sua vita da pirata. Uomo solo, senza amici, di soli amori carnali e fugaci, è investito completamente dal fiume in piena dei suoi sogni: la conquista senza sosta di terre, tesori, spingendosi oltre ed ancora avanti, in un'infinita ed implacabile tensione verso l'infinito. Eroe romantico, l'acme del suo sogno si incarna nella figura della Santa Roja, una donna bellissima e dalle eccellenti virtù che si dice viva a Panama, la Coppa d'Oro dei possedimenti spagnoli. Raduna un'enorme ciurma, la sua fama è ormai giunta alle orecchie di tutti. Elegge il giovane Coeur-De-Gris a suo unico amico. E corre verso Panama.
L'acme del sogno dell'eroe romantico è una contraddizione in termini. Non corrisponde affatto al massimo piacere: è il momento in cui il castello, rovinosamente, non può far altro che sgretolarsi. Cadere al suolo. E così è. Morgan perde il suo occhio fanciullo, il suo animo ribelle, la sua essenza di pirata. Cede se stesso alle istituzioni e alla pace della vita tranquilla e ritirata. Il velo di Maia non è più sui suoi occhi... o forse essi ne sono improvvisamente annebbiati?
Forse non c'è differenza, ma mi piace di più la seconda opzione.
Il climax ascendente possiede, nel libro, dei momenti di unico lirismo.
Il personaggio di Coeur De Gris è solo da amare, ed i momenti dei suoi dialoghi con Morgan sono i più salienti di tutto il romanzo. E Henry ama Coeur de Gris, di un amore collocato a metà strada fra quello per un compagno e l'amor proprio. Coeur de Gris appare in funzione di Morgan, perché altro non vedo in lui che uno specchio, il suo doppio, parte di lui. Ho visto il giovane spadaccino farsi coscienza del capitano nella bellissima scena dell'estenuante camminata verso Panama, in cui Coeur de Gris, delirante (o no?) per il sole ed il caldo, mostra a Morgan ciò che egli è veramente, un uomo come tutti. Cosa che Morgan non riesce e non vuole accettare, preferisce di no, tanto rapito dal vortice della sua passione cupida. Cupida di cosa, poi, non lo sa nemmeno lui. Semplicemente, non è capace di godere del presente.
Non accetta che ognuno possegga dei sogni, non accetta di non sentirsi diverso, tanto da arrivare al tragico gesto della scena, forse, più patetica del libro: Morgan, col cuore praticamente in tempesta per via dei recenti avvenimenti, fra cui lo shock per l'incontro con una "banale" Ysobel -una Santa Rossa che poi così santa non è- senza nemmeno pensarci, preme il grilletto e spara al petto della sua inascoltata coscienza. Uccide Coeur de Gris, uccide parte di se stesso. Ma, paradossalmente, uccide di se stesso quella parte sognatrice, insaziabile, romantica e assetata di desiderio che l'ha reso quel gran personaggio che è stato.
Il declino è inevitabile, ed inevitabile è la sua "conversione" a corsaro. Il denaro e l'inutile ciarpame dorato acquistano improvvisamente il valore che prima Morgan non riusciva a percepire. Diventa parte dell'istituzione, combatte la pirateria, manda al patibolo per il governo i suoi stessi compagni. Vita e morte di un eroe romantico.

Se dovessi dare un voto a parole a questo libro, scadrei nella banalità più infima. Bellissimo, stupendo, meraviglioso, ecc. ecc. Un'opera travolgente. Questo Morgan mi ha rapita. Me lo vedo, che guarda il mare verso Panama, godere del piacere del desiderio di mettere le mani su un sogno. E bada, il piacere non è la sua realizzazione. La bellezza è nel desiderio e nel sogno, solo nel desiderio e nel sogno. Banale è anche la conclusione ultima: in questo Morgan mi ci riconosco un tantino. S'era capito? Bè, chiedo venia per la scontatezza. E per il sentimentalismo del commento. Mi sono innamorata di un libro, bè, NON SI PUO'?
Tzé.

mercoledì 9 giugno 2010

Goth is NOT what you make of it

More about Gothic art Questa è difficile. Ho già provato a buttarla giù, ma non riesco a non farla sembrare una sciocchezza, o una lagna da vecchio old-school. Probabilmente è entrambe le cose.
Ad ogni modo... ero in vena di riversare una buone dose di sadismo su pubblicazioni non propriamente di mio gusto, no? Allora perché non farlo su questo volume illustrato? Si tratta di una summa di tutto ciò che odiernamente può essere coperto dall'ombrello del cosiddetto gothic... con tanto di carta patinata e sovraccoperta come si deve. Il tutto utile quanto una perla di Guttalax somministrata ad un dissenterico.
Sì perché adesso "gothic" è una parola che va molto di moda. Più in generale, va molto di moda pescare un movimento musicale vecchio di 20 o più anni e affibbiargli il significato preferito. Un po' come ridipingere casa. Insomma, c'era una volta il postpunk. C'era una volta il Batcave, c'erano una volta i videoclip, c'era una volta, insomma, il gothic come musica e fermento culturale. Adesso si gioca a svuotare il secchio. Complici wikipedia e myspace, i movimenti (uso una definizione bruttina, che non me ne vogliate) "a base musicale" nati e cresciuti in un dato contesto e tempo storico (metal compreso, si veda come referenza la formazione dei Black Sabbath, per rimanere in Europa) sono stati rimodernati.
E' nato, ad esempio, il nuovo movimento gothic, di cui espressamente parla il libro in questione, Gothic Art. Si tratta di un movimento che pare fare di Isabella Santacroce un vero punto di riferimento, vista la comune fascinazione per i Preraffaelliti di cui si vantano tanto entrambi e da cui, così è scritto nella prefazione del libro, gli artisti "gotici" traggono ispirazione.
Francamente, di preraffaellita non m'è parso di vedere un bel niente in quel libro là. Ci ho visto tutta la pateticità di chi deve fingersi malato per non apparire ciò che è realmente, cioè vuoto.
Il nuovo "movimento gotico", su cui queste illustrazioni ci illuminano almeno in parte, è un fantastico calderone di monnezza presa qua e là da ciò che è piaciuto, sia delle subculture giovanili sia non, a chi ha voluto lucrare sulla ricostruzione di una nuova "identità alternativa". E così, il gothic è musica (metal E un pizzico di wave E canti gregoriani, come se avessero qualcosa a che spartire l'uno con l'altro tutti e tre... ma HANNO le ORECCHIE?), ma anche gothic attitude, la sensibilità spiccata con cui nasci, l'attrazione verso la morte e le gonne di tulle, la depressione e la sociopatia. E il sesso promiscuo. Ed è anche arte figurativa, ovviamente. Belle signorine dall'ampio décolleté magistralmente sollevato da un corsetto color scarlatto che piangono lacrime di rimmel sbavato, tutte assorte nel loro male di vivere. Scheletri, bestiacce e corvi neri attorno a mascheroni ghirigorati e zeppi di crinoline, gonfie da far invidia a vele di navi in piena bonaccia. Leitmotiv di bambole di porcellana bianca circondate da sangue. Con un occhio di riguardo alle nuove tendenze: una profusione di gente cablata e capelli a cilindro, tutto grigio o color neon, o entrambi. Ma mai troppo colore, per carità: dovesse perdersi l'atmosfera dark...
Tutto magistralmente costruito.
Così, via, feticismo, vinile e latex, sadomaso, zeppe, musica elettronica spinta, synthpop, metal '80 e merdal di nuova generazione (di quello coi rutti), una qualche nozione di wave, amore per gli archi a tutto sesto e Notre Dame de Paris, per il vestiario vittoriano e i """romanzi gotici""" (quelli della Rice? Certo, certo... assieme a Poe e Baudelaire, due classici che non mancano mai), preraffaelliti e romantici, TUTTI ASSIEME affiatati in un'orgia infinita.
"Il termine gothic è ambiguo e soggettivo... classicismo medievale e rinascimentale... post punk e rinascimento gotico...industrial... sinistri fumetti"
In gothic art, questi termini si possono trovare, e... sì, tutti assieme. Con sommo piacere delle case discografiche, si distruggono la musica e la sua storia per creare nuovi fenomeni commerciali finto-alternativi ma di fatto assolutamente mainstream. Nulla contro ciò che sia non propriamente "di nicchia": non sono io a ricercarlo, ma i novelli "alternativi". Che indicono concorsi di bellezza su fecciabook per eleggere "miss gothic metal 2010". Ah. Alternativo. Davvero. Anche molto gothic, col tuo cerone alla Vampiro Lestat, il perizomino in polivinilcloruro lucido e le lacrime di photoshop.
Ah, un piccolo appunto.
Questi sono i Mission UK. Un po' diversi dall'immaginario del movimento gotico... carino Wayne Hussey con la sua blusa indiana azzurrina, gli stivaletti a punta (senza zeppa) e le collanine argentate, nevvero? :-D
No, goth is NOT what you make of it.

P.S.
fino ai 17-18 anni si fa in tempo ad uscirne, davvero. I baby bats sono sempre esistiti. Servono solo un paio di orecchie, buone compagnie e una sana dose di cervello. Passati i 20... è troppo tardi!

Bakuman, ovvero: la felicità di essere donna in occidente

More about Bakuman vol. 1 Di Bakuman, serie appena uscita in Italia, mi avevano parlato bene: divertente, fresco, interessante, per di più frutto del lavoro della coppia Takeshi Obata e Tsugumi Ohba, disegnatore e sceneggiatrice dell'ormai famigerato "Death Note".
In verità, già il primo tankobon mi ha scossa di brividi, e non me l'aspettavo. No, non erano i brividi d'impazienza che mi han fatta sussultare in Death Note... alla fine del volume, ero felice. Felice di essere donna in un paese europeo.
Sì, sembra estremamente presuntuoso uscirsene con una tale frase. Ma, d'altronde, i protagonisti del "sogno nipponico" narrato nel manga, quello di divenire mangaka, come ti sbagli, non potevano che essere maschi. E nel seguire i loro pensieri e i loro squarci di vita, nonché i loro rapporti con le ragazze, ho scoperto cosa significhi davvero la perfetta coincidenza:

Ma il nipponico maschio, lui non è un represso. Non viene distrutta in lui, fin dalla più tenera età, qualunque traccia di ideale. Possiede uno dei diritti umani fondamentali: quello di sognare, di sperare. E lo usa. Immagina mondi chimerici in cui è libero e padrone di se stesso.
La giapponese non ha questa fortuna, se è stata ben educata, come nel caso della maggior parte di loro. E' stata per così dire amputata di questa facoltà essenziale.

(Amélie Nothomb, "Stupore e Tremori")

Sì, è vero che anche quella scopa di protagonista femminile presente nel manga condivide, in un certo qual modo, il suo sogno con i mangaka in erba. Ma è un sogno che esiste in funzione di loro. E non ha la forza del sogno degli uomini. Perché? Il sogno della signorina (che porta lo stesso nome dei fagioli rossi giapponesi), quello di divenire una doppiatrice di anime nonostante la sua esagerata timidezza, esiste in quanto premio. Ma, figurarsi, non premio per se stessa: la realizzazione del suo sogno è legata alla promessa di darsi in sposa a uno dei giovani protagonisti. E questa è la cosa più significativa che afferma in tutto il volume. Per il resto, l'abilità della donne, si sa, consta principalmente nel rendersi invisibili, e lei ci riesce benissimo. Si nasconde dietro alla mammina se incontra il suo amoroso, arrossendo; pone come condizione al suo bello quella di non comunicare affatto fino a quando non si saranno completamente realizzati; fa parlare di sé come una ragazza educata in maniera impeccabile.
Di lei, l'aspirante sceneggiatore e studente modello Takagi, ecco cosa afferma:

Anche il suo sogno da doppiatrice. Ho l'impressione che abbia scelto un sogno normale per una "ragazza" come lei e adesso se lo stia godendo. Non sente la pressione del futuro come noi. [...] E ciò a cui aspira di più una "ragazza" è diventare una bella moglie, non fare carriera. E anche da sposata, come si conviene a una "donna", continuerà a mantenersi carina ed educata. Ma non per calcolo, le viene naturale, ed è per questo che secondo me è cento volte più intelligente di Iwase, la più brava della classe.
Quel fascino [di Azuki] è il risultato della ricchezza della sua famiglia e del suo cuore, una grazia che è frutto della sua intelligenza.

La verità è che, rileggendo il passo, le mani mi sono diventate fredde. Non solo è palpabile l'impronta estremamente maschilista che a quanto pare è una delle colonne portanti della società nipponica. Bakuman è un realistico spaccato dei sui difetti peggiori. Takagi non fa che parlare di ereditarietà. Ecco l'immobilismo sociale. I ragazzi decidono di sfondare all'età massima di 18 anni. Ecco l'inutilità dell'età di mezzo. Realizzandosi, diventeranno veri uomini. E affiora continuamente il maschilismo.
L'intento del fumetto parrebbe quello di scuotere le coscienze presentando loro un messaggio di speranza: "Vuoi diventare un banale impiegato?" chiede Takagi al suo compagno disegnatore. Mashiro, dal canto suo, riflette molto sul grigiume di quello che sarebbe il suo "percorso obbligato", il cammino già scritto per diventare l'obbediente formichina: studiare con dedizione, fare bella figura agli esami di ammissione, iscriversi a un ottimo liceo e ad un'università prestigiosa. E decide la sua personale ribellione: realizzerà invece il suo sogno. Trova la comprensione di chi pensava non lo avrebbe mai aiutato, mentre OVVIAMENTE sua madre, che è una donna, non può capire (citazione letterale), rappresenta l'unico ostacolo familiare, per fortuna abbattuto da subito, alla realizzazione delle sue speranze.

Insomma, un manga che si presenta rivoluzionario e verde di speranza, ma che di fatto è inzuppato fradicio di contenuti retrogradi, conservatori, tradizionalisti, in una parola sola PESSIMI. Ciononostante, col beneplacito di chi cortesemente me lo presta, continuerò la sua lettura. I manga sono letture sottovalutate, ma sono un contributo preziosissimo alla ricerca antropologica. Forse riusciremo a scoprire, in occidente, verso quale direzione si sta muovendo (se lo sta facendo) il popolo giapponese. Spero per loro, comunque, che sia almeno un po' meglio di ciò che immagino.
Fortunatamente, qualcosa d'altro è possibile. E di quel qualcosa d'altro scriverò a breve. Con entusiasmo.

giovedì 3 giugno 2010

Acidità

Maree ormonali.

Il piccolo principe è un libro di una banalità disarmante. I libri banali si riconoscono da mille miglia di distanza:

-piacciono a tutti (tranne a me)

-sono assolutamente autoreferenziali, puoi attribuire loro il significato che desideri

-sembrano celare enormi significati filosofici e misteri sulla vita (salvo nascondere un'incredibile pochezza)

-lasciano enorme libertà al lettore di raccogliere odiose citazioni e sciorinarle a destra e a manca

-nessuno di coloro che li ha letti sa dirti perché gli è piaciuto (si limita a dirti: "ma è belliiiissimo, ha da insegnare molto!)

-tendenzialmente, sono stupidi

Questo bamboccio in giro per i pianeti che parla con le rose è esattamente così: scemo. Se sei adulto e hai bisogno di leggerlo, hai deficit emotivi talmente grossi che suggerirei un'immediata visita al DSM.

L'Alchimista di Paulo Coelho, rispondendo in maniera esatta a tutti questi requisiti, in grado di trasformare un normale libro in un vero libro banale, infatti gli assomiglia moltissimo. Il protagonista è un povero cretino che và "dove ti porta il cuore" -libro che purtroppo non ho letto, ma scommetto cent'eurI che i requisiti li soddisfi anche lui, con questo titolo, poi...

Il tipo peregrina alla ricerca di... cosa? Della felicità, dell'amore, della realizzazione personale. Grazie al suo cuore, che conosce tutte le cose. Realizza la sua leggenda personale. Mioddio.

La linearità del linguaggio fa paura. E poi, è come l'oroscopo. Un vestito di lycra. Libri che prendi, e li adatti esattamente alla tua persona. Ma la perdita della singolarità non è un pregio! L'assenza di peculiarità è l'omologazione. Una porcata. Non vorrei MAI da scrittore, che un mio libro diventasse un best seller. Se non esistessero i soldi, ovviamente.

Ma parliamo un po' di Baricco. Ho letto Seta ultimamente. L'ho conosciuto con questo. Piacere, Alessandro, scrivi da cani. Le tue metafore mi rizzano i peli. Sembri un liceale alle prese con un tema che non è in grado di arricchire, e allora inventa porcate. Che stupida storiella. Descritta stupidamente. Un libro fatto di spazi vuoti. Meglio dei pieni, probabilmente: quelle ripetizioni continue nella descrizione del viaggio di Hervé fanno calare le braccia.

E poi, immancabili, le frasi da diario, quelle del libro banale.

Era d'altronde uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita, ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla.

Si sarà notato che essi osservano il loro destino nel modo in cui, i più, sono soliti osservare una giornata di pioggia.

L'immancabile giudizio comportamentale, il grande monito, la scintilla che ti apre la porta della percezione e ti fà vedere, sì, ti fa vedere che quella vita è proprio la tua! Seguono riflessioni esistenziali, elucubrazioni sui grandi temi della vita, e chi più ne ha più ne metta.

Ho d'improvviso un' illuminazione: ecco perché si chiama Seta! Come leggere il nulla. Per dirla alla Baricco. Inconsistente. Sul serio. Carta buttata. Povere foreste!

Mi ricorda una brutta (!) poesia di Neruda. A me piace Neruda. E ci capisco poco di poesia. E quella poesia, non la soffro. E' la poesia dell'immancabile giudizio comportamentale. E' una poesia presuntuosa, sciocca, di passione cieca. Passione cieca che guida chi non sa guardare col cervello, solo colla forza di un sogno. La poesia in questione è Lentamente muore. La odio. Dice qualcosa di giusto, ma la odio. La odio con la veemenza della stessa passione cieca della poesia stessa. E non è la paura di morire lentamente che me la fa odiare. E' che la odio, e basta.

Ma ho divagato.

Qualche altro libro su cui spalare escrementi?

Della Yoshimoto ho già parlato. Lei costruisce la banalità degli pseudo artisti d'arte moderna. Come prendere un water, aggiungervici dei fiori, una carrucola, un elefante, una gamba di tavolo e un mouse rotto e proclamare un nuovo capolavoro. In realtà, hai costruito mezza discarica. Sìsì, hai fatto qualcosa: mezza discarica. Questo era il mio pensiero in merito a N.P. Libri per la massa. Ma anche per il resto. Il resto però è di una pochezza tanto...poca che non ricordo nemmeno la trama, o i concetti salienti del libro. Scivolano addosso come l'acqua sulla tela cerata. Altre foreste abbattute per nulla.

venerdì 23 aprile 2010

Sai che fumetti! - L'angolino dei fumetti che meritano

Cominciavo a sentire l'esigenza di uno spazio apposito per le letture fumettose, di cui, mio malgrado, purtroppo seguo poco. In primo luogo per la mancanza di soldi: i fumetti sono sempre più costosi e necessitano di una certa costanza per essere seguiti. Tanti li trovi solo nei negozi specializzati, magari salti dei numeri e devi comprarli tutti assieme, e volano i quattrini... insomma, è quello che definisco un po' un finger, lascio al libero arbitro del lettore la scelta di dove quel finger vada a finire per provocare tanto fastidio.
Poche sono le serie che seguo in questo momento, e sono:
- Cyborg 009, dal fantastico sapore vintage (dio solo sa quanto volessi sposare Joe Shimamura... almeno quanto McGyver). Sono ferma al numero 3, ogni numero è un salasso, ma ha la sovraccoperta lucida e la carta è ottima. E poi, vuoi mettere, ha sul dorso una cosa che mi fa impazzire: aggiungendo i volumi si forma una figura completa! Mamma mia che bello.

- Keroro, fumetto scemotto ma divertente, e poi avevo trovato tutti i volumi in offerta a un euro a giornaletto

- One Piece, devo ancora leggerlo, per gentile prestito di un amico (grazie Fab) su cui a tempo debito scriverò le mie opinioni

-More about L'Immortale - 2 L'Immortale, di Hiroaki Samura, attualmente da me fermo al volume 2.
Sì, lo ammetto: tutto il preambolo era il rullo di tamburi per arrivare con maggior enfasi a questo. Perché è il fumetto che ho sempre sognato. Il disegno è uno spettacolo. Come dire, qui mi mancano un po' i vocaboli... estremamente dinamico, privo della solita morbidezza da fumetto mainstream, tuttavia non rigido. Mi vien da dire pittorico, ma non è proprio così. E' uno spettacolo. Se disegnassi, vorrei farlo così. Non intendo dire che vorrei essere "così brava", ma che quello stile è ciò a cui tenderei ad avvicinarmi il più possibile. "Tratto graffiato", ho letto in giro. Io lo apro e godo. Io sto al secondo volume e... non è che me ne freghi molto della storia, che pure è bella. Non riesco ad andare avanti con velocità perché è troppa la voglia di godermelo.

Poi, il protagonista, Manji, è un ronin, e già questa sua condizione di reietto me lo fa stare simpatico. Ma è l'uomo che sono nei miei sogni. Rough, disincantato, coperto di cicatrici dalla testa ai piedi, di indole "buona" ma anima persa, e, finalmente, un uomo che non si fa fregare dalle donne. E nemmeno che cede, le usa e poi le butta. Nono.
Questo almeno fino al secondo volume. Ammetto di aver un certo timore nell'andare avanti: ho paura che mi venga smontato il mito di Manji. Lui no, è il protagonista perfetto. Però...non posso certo rimanere a sfogliare quei due numeri che ho.
Il secondo numero è zeppo di combattimenti (sì, sì!), con cui Hiroaki Samura se la cava non magistralmente, di più. I combattimenti più fighi che fighi che fighi.
Speriamo che continui così. Manji, non deludermi, non farmi ricredere pure tu come tutti gli altri protagonisti. Sei perfetto. Vai vai vai.

venerdì 16 aprile 2010

Varie 2

Sono rimasta molto indietro con l'aggiornamento dei libri letti. Cerchiamo di metterci al passo.
Ancora procedendo dal più "vecchio" al più recente, breve carrellata:

More about I bottoni di Napoleone I Bottoni di Napoleone
Questo è un libro da non perdere, per gli amanti e non della divulgazioni scientifiche. Si tratta di uno di quei libri con i quali puoi fare il figo al bar con gli amici raccontando loro che, ad esempio, lo stagno al di sotto di una certa temperatura tende a cambiare forma allotropica, disgregandosi lentamente e diventando dunque un mucchio di polvere biancastra. E non solo: con un viaggio attraverso alcune delle molecole più importanti nella storia dell'umanità, fra cui fenoli, coloranti, zingerone e cellulosa, solo per citarne un po', gli autori propongono una breve storia legata ad ognuna di esse accompagnata da curiosità sul loro comportamento e relative formule di struttura. Ciò che ho apprezzato dell'opera è stato proprio questo. Vedo la chimica un po' snobbata nel campo stesso della divulgazione scientifica, tanto intenta a far conoscere al pubblico supernovae, relatività, evoluzione ed equazioni che hanno cambiato il mondo. Per carità, tutto giusto. Ma la chimica? Eppure è dappertutto. Le formule di struttura sembrano più affini ai geroglifici che non il parlare di fisica quantistica. Gli autori del libro non si sono lasciati spaventare da questo, e hanno proposto le relative formule corredate di chiavi per imparare a leggerle, di modo da porre l'accento anche su cosa significa concretamente il fatto che un composto sia fatto proprio così. L'esempio più eclatante e ben fatto si trova nel capitolo dedicato alla seta, in cui è ben illustrato come essa riesca ad essere tanto liscia, lucida e scivolosa.
Pregevole anche il fatto di aver dato importanza alle affinità fra sostanze differenti e alla correlazione che queste possano avere in relazione alle proprietà delle molecole stesse.
Insomma, è un bel libro ben scritto da chimici -e si sente che sono chimici- che hanno, a mio avviso, saputo cogliere perfettamente cosa la chimica "ha da dire" anche a chi è più lontano dal settore.
Inutile dire che per chi, come me, ha scelto di fare della chimica il proprio settore di studio principale, è un libro da leggere ASSOLUTAMENTE ed il prima possibile, e da tenere nella propria libreria in consultazione.

More about Acido solforico Acido Solforico
Se ci sono libri a cui non riesco a resistere sono quelli sulle distopie. Generalmente mi terrorizzano e affascinano al tempo stesso. Anche Acido Solforico mi ha dato le stesse sensazioni. Questo è stato il mio primo incontro con la scrittura di Amélie Nothomb, che, di primo acchito, mi è sembrata un po' troppo secca, ma solo perché ormai ai romanzi d'introspezione fronzoluta ci avevo fatto troppo la bocca.
Questo romanzo reca con sé un messaggio di speranza che però, al tempo stesso, riesce a mettere i brividi. Lo scenario non è molto distante da quello della vita reale: una vita "normale" di una ragazza "normale", immersa in un mondo in cui spopolano i reality show, adorati, odiati e criticati ma sempre e comunque seguiti con passione, di qualsiasi passione si tratti. Repentina la cattura della giovane in una retata per l'abominevole Concentramento, il nuovo reality che simula -simula?- le condizioni di prigionieri e kapò in un lager. Si segue dunque la nuova vita di Pannonique come matricola anche con l'occhio di una povera, sciocca kapò, Zdena. Povera Zdena, non le pare vero di essere scelta, finalmente, per la prima volta in tutta la sua vita, fra tanti aspiranti per ricoprire un ruolo di responsabilità. In un climax di situazioni tremendamente surreali, fra vita e morte, fra l'istupidimento collettivo della droga televisiva e la trombonaggine ottusa e sensazionalistica dei giornali e dei media tutti, l'esito è la fine dell'incubo sancita proprio grazie ad un incredibile, inaspettato gesto di Zdena.
E tutto torna come prima: la normalità.
Mi ha fatto paura.
Non tanto la vicinanza della finzione alla realtà odierna. Sì, anche quello, d'altronde una delle caratteristiche più spaventose (e, torno a ripetere, affascinanti) della letteratura distopica è proprio la similitudine con alcune, se non molte, delle situazioni reali e tangibili.
La domanda, avvolta in una rada nebbiolina di disperazione, che mi è sorta spontanea al termine di questo libro è stata: "nelle mani di chi siamo?"
"Popolo, sei 'na monnezza!". Sì, Acido Solforico mi ha depressa e lasciato in bocca un acre sapore di sfiducia. Eppure, a pensarci bene, forse vorrebbe trasmettere il contrario. Chissà.

More about Buono da mangiare Buono da Mangiare - enigmi del gusto e consuetudini alimentari
Interessante libro, scritto dall'antropologo statunitense Marvin Harris, che si interroga su quali siano le vere cause (e concause) di tabù e preferenze alimentari. Si passa dalle vacche sacre indiane all'adorazione tutta made in U.S.A. per l'hamburger di puro manzo, dall'impurità suina al disgusto "occidentale" per la carne di cavallo, passando per intolleranze al lattosio, la predilezione per i pet sino al capitolo sul cannibalismo. Al di là delle solite anglo-americanissime considerazioni su quanto sia migliorata la nostra vita da quando mangiamo molta più carne -su cui ho diverse obiezioni e anche un po' di dubbi, pur non essendo fautrice del vegetarianesimo tout court- l'opera è molto interessante. Harris cerca di spiegare come ambiente, condizioni di vita e necessità dei vari "gruppi umani" abitanti in un dato luogo possano letteralmente forgiare, nel tempo, l'abitudine alimentare.
Ho notato poi che un filo rosso unisce le varie opere di saggistica che ho letto negli ultimi tempi: l'imperialismo e il colonialismo delle potenze occidentali. Suppongo che il picco arriverà con Orientalismo. Però, mi si permetta la bassezza linguistica, mamma mia che merda. Domanda banale e idiota, ma non riesce a balenarmi nient'altro in mente quando in qualche modo mi approccio al tema: com'è possibile? E soprattutto ora si continua a blaterare di debiti esteri e con nonchalance di cacciare gli immigrati fuori dai confini... Ma che cazz...? Sarà pur vero, e me ne rendo conto, che non è così semplice. Ma se invece fosse più semplice di come sembra?
Sì, quest'ultimo capoverso sembra privo di senso: è perché non voglio approfondire il tema. Sarebbe troppo lungo e non ho abbastanza basi. Ci lavorerò sopra. Ho molta voglia di contrassegnare ancora qualche post con l'etichetta I wanna revoluscion.
Insomma, tornando a Harris, fa veramente ri-brez-zo nel capitolo sul cannibalismo. Hai presente gli aborigeni col pentolone sul fuoco? Ecco. Peggio! Corpi divelti, braccia strappate, scene da blood and gore. Una schifezza abominevole. Per me che ho l'abitudine di leggere i libri mentre faccio colazione, è stata una vera sofferenza. Meno male che era alla fine del libro.

More about Stupore e tremori Stupore e Tremori
Eccomi alla lettura del mio personale secondo libro della Nothomb. Lontani dalle terribili e disumane atmosfere di Concentramento, ci immergiamo nella realtà lavorativa dell'azienda giapponese vista con gli occhi di Amélie, nata in Giappone ma vissuta in altre terre, tornata infine nel suo paese natale realizzando il sogno di lavorarvici. Il libro è chiaramente autobiografico e dunque ispirato a vicende di vita vissuta, seppure con un certo gusto iperbolico nel riportare gli eventi.
Queste cento pagine scarse sono fantastiche. Il suo stile tagliente, sarcastico, è unico. Amaro ma divertente al tempo stesso. Vorrei "demolire" con un "ma che cazzo stai a dì" l'opinione (tanto sto spazio è mio, si può fare, e aggiungerei "ah ah") di un'utente anobiiana che definisce il libro:

"Macchiettistico.Inopportuno: la denigrazione di una società, di una cultura, possiede sempre qualcosa di sinistro."

Nulla, e ripeto, nulla di più falso per quanto riguarda questo libro. Certamente, come ho già spiegato, la narrazione è iperbolica, caricaturale, irriverente, la mano è un po' calcata, ma dietro ad una caricatura si riesce a percepire la verità, senza contare poi intere pagine serissime in cui l'attacco all'aspetto "ingabbiante", lo definirei quasi calcificante -ingessante, come afferma la scrittrice stessa- della cultura giapponese è molto appassionato e concreto, e nulla possiede di macchiettistico. In particolar modo mi riferisco alle pagine in cui la scrittrice sferra un forte attacco all'educazione delle donne giapponesi. In quelle critiche, in quegli attacchi, c'è invece tutt'altro che la denigrazione di una società: io ci ho visto tutta l'amarezza della critica più difficile, quella nei confronti di un paese che si ama (noi italiani dovremmo conoscerla bene). O forse del Giappone va solo contemplata la delicatezza delle maniche dei kimono inumidite da lacrime di dame, ammirata la bellezza dei sakura in fiore, esaltato l'onore dei samurai? Vogliamo continuare a sbavare sui tatami o immergerci seriamente nel confronto con una cultura altra?

More about La cacca La cacca - storia naturale dell'innominabile
Ahahah! E' bellissimo. Si tratta di un libro illustrato dal formato bislacco, con copertina cartonata ed illustrazioni simpaticissime, dedicato al principale prodotto di scarto solido animale.
C'è un po' di tutto: dal suo colore al perché alcuni animali se la mangiano, c'è la sua forma e consistenza in relazione alla quantità d'acqua contenuta, c'è anche un piccolo corollario di guinness dei primati (c'è persino un animaletto che non la fa! Si chiama effimera, poverina, vive un giorno solo, e in questo giorno deve pensare a trovare il partner, accoppiarsi e riprodursi, figurati se trova il tempo di produrre cacca).


Sono stata AFFATTO breve. Ad ogni modo, termino questo post, perché con i libri successivi ho iniziato un altro percorso di letture libresche a cui volevo interessarmi da tempo e a cui dedicherò uno spazio a parte.

mercoledì 31 marzo 2010

Altri nuovi (sì, ancora!)

Già. Li avevo scordati. Ne ho comprati proprio troppi. Ora mi spiego la miseria del mio dindarolo.

- More about I bottoni di Napoleone I bottoni di Napoleone. Ho letto l'edizione della Longanesi rilegata e con sovraccoperta presa in prestito dalla biblioteca, ma mi è piaciuto talmente tanto che, scoperta l'esistenza del volume in edizione economica paperback Tea, ho voluto comprarlo. Ora fa parte dei miei volumi di consultazione. Ne parlerò nella seconda parte dei "vari finiti".

- More about Lo squalificato Lo Squalificato di Osamu Dazai. Di Dazai non ne so molto: è uno scrittore giapponese dei primi del '900, probabilmente dalla personalità tormentata, visti i numerosi tentativi di suicidio -di cui uno andato a buon fine- e i suoi problemi di alcolismo e tossicodipendenza. Vediamo un po'.

- More about Le mille e una notte Le Mille e una Notte. Progettavo di non acquistarlo, ma i Mammut della Newton sono una collana decisamente allettante: poco prezzo, tomo gigante, opera omnia. La Newton & Compton l'ho sempre ammirata sin da quando, da piccola, dove vivevo allestivano in estate dei padiglioni temporanei con in vendita i più svariati titoli, la maggior parte dei quali editi da questa casa editrice. Molti di essi erano di quei volumetti da cento pagine-mille lire: leggeri, maneggevoli, bruttini ma economici. Come gli insetti, quindi, si spargevano ovunque. Ottima cosa. La Newton ha il pregio di aver reso accessibili molte opere ai portafogli più vuoti. Certo, ti si incrociano gli occhi, ma tutto sommato va bene così. Adesso insomma ha messo in commercio questi mattoni al prezzo di 13 euro o poco più, e ognuno è la raccolta di tutte le opere di un certo autore. Fra i vari, mi farei un appunto su Marx e Jane Austen.

- More about La cacca sì, si chiama La Cacca. A questo libretto illustrato di divulgazione scientifica per ragazzini, io e mia sorella abbiamo fatto una corte assurda. Alla fine l'abbiamo conquistato. E abbiamo fatto bene.

Con questi dovrei aver terminato. I manuali che ho acquistato più indietro non li segno, sarebbe troppo. Spero solo di poterli consultare al più presto.

martedì 30 marzo 2010

Buoni nuovi

Prima di iniziare la seconda tranche dei brevi commenti sui libri letti nel mese, un piccolo appunto sulla situazione libresca a tutt'oggi. Non riesco a starmi al passo nel commentare i libri che leggo: ho notato che la lettura è un'abilità che in linguaggio nerdico potrebbe essere definita "skillabile". Più leggi e più capisci, ma soprattutto più leggi e più lo fai velocemente. Hai i level-up: tutto è in funzione di libri più complessi, di articoli di settore, che hai paura di affrontare, poi torni indietro, li rileggi e dici "ma era una cazzata!".
E continui a ciancicare parole mescolandole assieme e facendole tue, scegli autori nuovi con una perizia sempre maggiore, si affina il tuo gusto, smonti tesi e costruisci controtesi, tutto dona più colore alla tua mente e pensi che ancora più colore possa aggiungersi. Non c'è fine alle sfumature.

E così ho speso tipo troppi soldi. Fra i recenti acquisti:

- More about La solitudine del cittadino globale La solitudine dell'uomo globale, con il quale farò conoscenza con Bauman.

- More about Orientalismo Orientalismo, di Edward Said. Sono piuttosto fiera di aver scelto mea sponte questo libro, avendo scoperto a posteriori che l'autore fosse una personalità di calibro notevole.

- More about Le crociate viste dagli arabi Le Crociate viste dagli Arabi. A parte il titolo che mi ha subito presa, mi ha convinto l'averlo aperto a caso e aver trovato una pagina in cui si parlava della setta degli Hashashin. Al di là di questo, l'idea di avere una prospettiva "altra" rispetto a quella scolastica è sempre affascinante.

- More about Autostop con Buddha Autostop con Buddha, di Ferguson. Sì, lo so che l'avevo ordinato in biblioteca. Ma ha ricevuto commenti tanto entusiasti dai lettori nippofili che non ho resistito. Speriamo che mi sia ben fidata.

- More about Il padiglione d'oro Il Padiglione d'Oro, di Mishima. Eh, sì, l'ho letto. Però è il non plus ultra del libro bello. Siccome l'ho trovato in una di quelle fantastiche bancarelle vicino alla ex piazza Esedra a metà prezzo, l'ho preso. Tanto lo so che vorrò rileggerlo. E pure se non lo rileggo, lo so che lo volevo.

- More about Lezioni spirituali per giovani samurai alla stessa bancarella ho pagato coi tintinnanti Lezioni spirituali per giovani Samurai ancora di Mishima.
A dire la verità, questo è un libro che mi spaventa un po'. Sarà un'operazione complicata eliminare i filtri della mentalità occidentale ed affrontare la filosofia dell'azione di questo samurai del ventesimo secolo. Un saggio è diverso da un romanzo. Spero di riuscirci a dovere. Ho in mente di affrontare una preparazione prima di prendere in mano questo libro: per prima cosa, terminare Storia del Giappone di Gatti (che va lento ed è bloccato perché lo stavo proprio studiando, prendendo pure appunti), acquistare altri libri sulla storia del Giappone in toto e semplicemente leggerli. Poi prendere in prestito dalla biblioteca il Beasley (Storia del Giappone moderno), l'Halliday (Storia del Giappone contemporaneo) e altri e leggermeli bene e solo poi passare al saggio di Yukio. Capito perché mi spaventa?!

- More about Stupore e tremori Stupore e tremori della Nothomb, letto e finito.

Dalla bib ho preso in prestito questi tre libricini frettolosi:
- More about Pian della Tortilla More about Uomini e topi
Pian della Tortilla e Uomini e Topi. Non ho mai avuto l'occasione di "parlare" qui di Steinbeck ma lo amo. La Valle dell'Eden è un libro semplicemente stupendo. Furore m'è piaciuto meno: non che fosse meno bello, ma è così amaro che, oserei dire, riesce a strappare lacrime. Siccome ho letto diverso tempo fa entrambi, non ho le parole per descrivere stile e temi. Diciamo che le sue descrizione di certe realtà sociali appartenute all'America sono molto vivide e la sua sensibilità verso questi temi è molto spiccata.

- More about L'uomo flessibile
L'uomo flessibile di Richard Sennett, un sociologo americano. Non so se ho fiutato bene e ho alcune riserve su 'sto libro. Ho paura che arrivi a conclusioni divergenti dalle mie. Vabbè, staremo a vedere. In realtà l'ho scelto perché quello del lavoro è un tema a cui "politicamente" sono molto affezionata, per cui l'ho voluto accostare ad un altro saggio, che sto leggendo, questa volta di una personalità che conosco e ammiro, quella di Luciano Gallino. Ho letto diversi articoli scritti da lui e mi piace molto. Il saggio che ho in lettura, che ho accennato in un qualche sconclusionato post di un po' di tempo fa, è Il lavoro non è una merce - contro la flessibilità, non facilissimo, almeno nella prima parte in cui esamina la costruzione delle statistiche sui numeri di lavoro precario e lavoro nero, ma indispensabile per l'analisi di uno dei temi più importanti dell'attualità. I titoli dei due libri che ho scelto di accostare sono già molto differenti tra loro: quello di Gallino prende una posizione, e sai che probabilmente il libro in più punti destrutturerà questo sistema squallido che si prefigge di trattare un uomo alla stregua di oggetto qualunque di cui, a tutto beneficio dell'azienda, si può disporre a piacimento (l'uomo è flessibile perché si piega a 90, mi viene da dire). Il primo libro invece è come se avesse un titolo che presupponga l'adeguamento dell'uomo a queste esigenze. Ben diverso è ad esempio il titolo di un altro scritto di Gallino, il costo umano della flessibilità, dove già si evince una critica al modus operandi che ha preso piede nella gestione del personale delle imprese.
Vabè, senza fretta mo' vediamo un po' cosa mi aspetta.